Il bonus è buono?

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Di Cesare Raviolo

Il nostro Paese è notoriamente buono, anzi bonus! Un calcolo sbrigativo ne conta oggi almeno 50: dal bonus mamma al bonus animali domestici, passando per quelli inclusione, asilo, bollette, affitto, caregiver, cultura, vacanze, fino al bonus psicologo e al bonus verde, senza contare superbonus, ecobonus, sismabonus e i numerosi sgravi fiscali di cui possiamo usufruire su redditi, casa, auto… Domanda: quale impegno comportano per le finanze pubbliche e, soprattutto, quali benefici sociali producono tutti questi bonus? Le cifre non sono da poco. Gli esiti non altrettanto, purtroppo. Ad esempio, la decontribuzione al 6% e 7% per i contribuenti che dichiarano redditi fino a 15 o 25 mila euro costa circa 14 miliardi all’anno. Inoltre, ai medesimi redditi è stato concesso, tra Tir (Trattamento integrativo reddito) e nuove detrazioni, uno sgravio fiscale da 14,5 mld; in tre anni (la decontribuzione è stata introdotta nel 2023, confermata per 2024 e 2025), l’Inps perderà 45 mld e altrettanti ne perderà il fisco. Per effetto di tali misure, il 53% della popolazione italiana verserà appena il 6,31% dell’Irpef e zero o poco più di tutte le altre imposte dirette. Come farà lo Stato a sostenere gli oltre 632 mld di spesa 2023 per il servizio sanitario, la scuola, la previdenza, l’assistenza sociale? Quel che preoccupa, però, non è il prevedibile incremento del debito pubblico generato dall’adozione di simili misure, quanto la mancanza di un costante monitoraggio della spesa derivante e, soprattutto, del controllo di efficacia nel contrasto alla povertà. Proprio l’assenza di controlli efficaci ha prodotto un’esplosione della spesa assistenziale, passata dai 73 miliardi del 2008 agli attuali 160. A questo punto è d’obbligo chiedersi quali risultati abbia prodotto questo enorme aumento di spesa. A ben vedere pochi o nulli. Secondo l’Istat, infatti, i poveri assoluti sono passati dai 937 mila per un totale di 2,1 milioni di persone a 2,187 milioni per un totale di 5,7 milioni di persone. Del resto, l’eccessiva frammentazione dei contributi, se rende difficile i controlli e il monitoraggio, rende spesso altrettanto, se non più difficile, la loro piena conoscenza e l’accesso da parte dei cittadini potenziali utenti. Dunque, il bonus è tutt’altro che buono: la regola delle “3E” (economicità, efficienza, efficacia), che dovrebbe sovrintendere alla spesa pubblica, qui non trova nessuna applicazione, con pesanti conseguenze su numerosi aspetti della vita economica e sociale del Paese. Ne riparleremo.

raviolocesare@gmail.com

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