Il poeta Vecchioni e il rapper
di Silvia Malaspina
Caro Roberto Vecchioni, della bagarre scatenata dall’ultimo Festival di Sanremo, e che tutt’ora persevera con le consuete e prevedibili polemiche sul televoto, sui conduttori, sulle canzoni (belle, brutte – il trionfo del soggettivismo! – orecchiabili, commerciali…), sugli appelli lanciati dai vari cantanti, io non ricorderò nulla, perché catturata dalla tua esibizione in coppia con Alfa, nella serata dedicata alle cover. Quando sei comparso sul palco, l’hai immediatamente dominato con la maestosità dei versi di Sogna, ragazzo, sogna, un tuo brano del 1999 che sembra scritto poche ore fa, tanto è ancora attuale ed emozionante e della cui ottimistica levità abbiamo bisogno in un momento in cui dominano quasi esclusivamente le guerre e le lunghe scie di sangue. Noi spettatori, che da ragazzini ti abbiamo eletto a mito non solo come cantautore, ma anche come professore e come compartecipe della medesima fede calcistica, abbiamo cantato a squarciagola, mentre la ventenne canticchiava incerta, dissimulando lacrimucce di commozione: ecco la magia che sei riuscito a compiere nell’ambito di una kermesse che più commerciale di così si muore! Hai smosso i sentimenti di chi potrebbe essere tua nipote, perché la poesia e i sogni sono senza tempo, mentre noi, che ti seguiamo da sempre, che abbiamo cantato Luci a San Siro in ogni occasione – scatenati in gita scolastica, romantici sulla spiaggia al chiaro di luna, un po’ alticci alle feste di laurea o ai matrimoni – abbiamo ritrovato in quella manciata di minuti della tua esibizione tante nostre illusioni perse lungo la strada della vita. Non so chi abbia deciso il connubio artistico con Alfa, uno dei pochi rapper che sia avulso dal cliché del “brutto, sporco e cattivo” che sembra dominare in molti suoi colleghi, ma si è rivelato efficacissimo: gli sguardi, di complicità e incoraggiamento da parte tua, di incredulità e di totale fascinazione da parte sua, hanno trasmesso solo vibrazioni positive. Ho apprezzato particolarmente l’ideale passaggio di consegne sull’ultimo verso della canzone, quando, tu, poeta con l’animo di un ragazzo, ma ormai oltre gli “anta”, hai indicato il ventiquattrenne Alfa che ha concluso il brano con una rappata che è piaciuta persino a me. Insomma, caro poeta musicante, non mi resta che ringraziarti per avermi regalato una preziosa chicca: abituata ad apprezzarti in qualità di Signore delle parole nella trasmissione di Massimo Gramellini, mi ero scordata l’incantesimo di una tua canzone dal vivo.
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