Il presepe col ponte (quello crollato)

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Che i napoletani infilino nel presepe anche le statuine “laiche” è risaputo. A San Gregorio Armeno si trova di tutto, in base alla fama del momento: presepi farciti di politici, calciatori, cantanti. Oggi vanno moltissimo le statuine di Salvini, Di Maio e Ronaldo. Renzi è stato messo da parte, richiuso nello scatolone. Berlusconi – per la statistica – vanta la presenza più longeva di permanenza accanto a Gelindo e alla donna con la brocca dell’acqua. Insomma: al diavolo i sondaggi! Se vuoi conoscere il tuo indice di popolarità nel Paese, chiama i presepisti napoletani. Mi ha stupito, però, che questa pratica sia in uso altrove. A Genova il parroco della Santissima Annunziata di Sturla, don Valentino Porcile, da anni allestisce in chiesa dei presepi farciti. Ai tempi del terremoto di Amatrice ci aveva inserito una casa distrutta, nell’anno dell’alluvione la culla di Gesù Bambino era ricoperta di fango, e così via… Oggi che cosa ha pensato? Di posizionare sulla testa delle statuine il moncone del ponte Morandi, con pastori e greggi che si muovono sotto quel triste monumento all’incuria, venuto giù il 14 agosto. La cosa, però, ha ferito alcuni parenti delle vittime. Come Paola Vicini, madre di Mirko, l’ultimo recuperato tra le macerie. E come Egle Possetti che in quella tragedia ha perso quattro familiari. Don Valentino è corso ai ripari. Ha chiesto scusa e ha oscurato il suo presepe con un telo. Poi lo ha rifatto. “Il presepe è un segno di speranza – ha detto – ma non voglio che qualcuno si senta ferito”. Il presepe, secondo me, ha una sua liturgia che non c’entra né con il folclore né con la cronaca. La grotta della natività, i pastori, le loro pecore: non serve altro. Non è nemmeno una ricostruzione storica altrimenti la nascita di Gesù sarebbe una cosa accaduta nel passato, da rievocare e basta. A Natale noi non festeggiamo un compleanno: noi facciamo il presepe per dirci che il Signore è venuto e che, soprattutto, ritornerà. Anzi, che è qui. Anche per chi sta vivendo un dolore enorme come la scomparsa di un figlio morto per la caduta di un ponte.

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