Il ricordo di don Giulio Desirello
Il sacerdote centenario è morto lo scorso 5 agosto. I funerali sono stati celebrati da Mons. Marini. Anche il vescovo emerito Mons. Canessa ha recitato il Rosario
TORTONA – Venerdì 5 agosto si è spento in Casa “Sacro Cuore” don Giulio Desirello, che lo scorso 2 agosto aveva festeggiato 100 anni. Classe 1922, era sacerdote dal 29 giugno 1946 quando ricevette l’ordinazione sacerdotale da Mons. Melchiori. Durante il suo lungo ministero sacerdotale ha servito le parrocchie di Casei Gerola, Stazzano (dove è stato anche direttore dell’orfanotrofio e insegnante del seminario), Broni, Golferenzo e per ben 26 anni Sarissola Scrivia. Nel 2008, quando ha lasciato il ministero attivo di parroco, si è ritirato in “Casa Sacro Cuore” a Tortona.
Appresa la notizia della morte, nel pomeriggio di venerdì è arrivato da Genova il vescovo emerito, Mons. Martino Canessa, che ha fatto visita al defunto e ha recitato il S. Rosario. Alla sera è stato il vescovo Mons. Guido Marini a guidare la preghiera del Rosario in Casa “Sacro Cuore”.
Domenica 7 agosto alle ore 19 il Rosario è stato recitato nella Cattedrale di Tortona dal parroco don Claudio Baldi e alle ore 20.30 nella Parrocchia di Sarissola Scrivia. Le esequie sono state celebrate dal vescovo, Mons. Marini, lunedì 8 agosto alle ore 9 in Cattedrale a Tortona. La salma è stata poi tumulata nel cimitero di Mereta.
Roberta Cartasso, una sua parrocchiana di Sarissola, ha ricordato per Il Popolo gli anni trascorsi da don Giulio nel Genovesato.
“Era il 1981 quando don Giulio è arrivato a Sarissola dove è rimasto per 26 anni.
Io avevo 6 anni e, insieme ai miei amici, iniziavo il catechismo. Ancora non sapevamo che saremmo stati rapiti dalle avventure che ci avrebbe proposto per accompagnarci a diventare grandi nella fede come negli anni.
Con dedizione e con un’infinità di discussioni, scaturite dalle sue provocazioni e per il suo “caratteraccio” che si scontrava con il nostro desiderio di ribellione, ha saputo creare gli adulti di oggi. Quando i ragazzi di Broni, parrocchia dove era stato in precedenza, venivano a fargli visita e noi li scrutavamo con un misto di curiosità e invidia, per tutta la stima che aveva per loro. Come spesso succede, le persone si capiscono e apprezzano quando sono andate via, e così è successo anche a noi quando lui ha lasciato la nostra parrocchia. Da Casa ‘Sacro Cuore’ però non mancava di incoraggiare la diocesi, i confratelli e chi di noi si avvicinava a lui. Abbiamo scoperto un don Giulio dolce e attento, sensibile e comprensivo a differenza di quando da parroco era sempre pronto a punzecchiarci e ad alzare il livello delle richieste e gli impegni che ci proponeva, a volte anche in modo molto perentorio.
Lui con noi era ruvido per cercare di fare di noi qualcosa di bello e di forte. Pur essendo ormai a Tortona da anni, quando in qualche chiacchierata usciva il suo nome tutti hanno sempre mostrato il desiderio di rivederlo e i sentimenti di gratitudine non sono mai mancati. Don Giulio è rimasto fedele alla promessa di non tornare più a Sarissola, per rispetto al lavoro di chi è venuto dopo di lui e si è preso il fardello di una parrocchia impegnativa, che lui aveva seguito e alla quale aveva dedicato molte energie anche attraverso la gestione della scuola materna e della scuola superiore “Santachiara” che ha amministrato con sapienza finché i tempi lo hanno permesso.
Una delle sue frasi più celebri era: «Si nasce incendiari per morire pompieri». E lui incendiario lo è stato: ci ha incendiato di Vangelo e forse ancor di più di amore per la Chiesa e per i suoi grandi santi, proposti come modelli. Pier Giorgio Frassati era sempre sulle sue labbra e forse per questo amava portarci in montagna. Indimenticabili i campeggi a Mereta, suo paese natale, di cui sono rimasti ricordi unici e il Grest che era la palestra per diventare educatori. Con lui andammo anche a Oropa il giorno dopo che vi era stato Giovanni Paolo II. Da non dimenticare il suo grande amore per l’Azione Cattolica e per tutta la Chiesa. Noi che temevamo il suo giudizio ci siamo trovati perdonati e accolti e nessuno è mai andato via, dopo averlo incontrato, senza avere il cuore ricolmo di gioia, sentendosi alleggerito e con più speranza verso il futuro confortati dalle sue parole e dalle sue preghiere. In tanti siamo venuti a trovarlo, sia quelli che sono rimasti vicini al campanile sia quelli che si sono allontanati ma portando nel cuore quello che lui hai seminato. Al suo funerale eravamo in tanti e guardando i presenti – tra cui molti confratelli e sacerdoti giunti anche dalla diocesi di Genova – ho pensato che quella Chiesa in uscita che vorrebbe Papa Francesco lui l’hai vissuta davvero.
Quanti occhi rossi e quante lacrime per quel distacco annunciato vista l’età. Da anni lui non era con noi, ma sapevamo dove trovarlo e qualche volta arrivava lui con una lettera o con un ritaglio di giornale per posta e qualche parola che diceva che ci avrebbe fatto bene leggerlo o attraverso una telefonata.
Don Giulio si è comportato come un comandante che deve istruire i suoi soldati ad affrontare la battaglia e la sua durezza serve per permettere di salvarsi nei combattimenti… Una volta “in pensione” si è goduto i frutti del suo lavoro, mostrando una tenerezza che non conoscevamo. Quando l’8 agosto guardavo la sua bara poggiata sul pavimento della Cattedrale, ho pensato che veramente il suo amore più grande è stata la sua Chiesa. Ricordo ancora i viaggi in treno il Giovedì Santo per partecipare a Tortona alla Messa Crismale e per ricevere gli oli santi: era un modo per insegnarci a essere legati al cuore della diocesi che noi, a volte, sentivamo lontana. Poi Cegni e Torrazzetta da grandi e ancora Brusson e i convegni al Mater Dei: tutte tappe per farci sentire “tortonesi” anche se dall’accento ligure”.