Il Sinodo riparte dai Cantieri di Betania
Il 14 ottobre la riunione dei referenti dei vicariati con la Commissione diocesana
TORTONA – Venerdì 14 ottobre, alle 21, nel salone della Caritas la Commissione diocesana per il Sinodo, insieme al vescovo, ha incontrato i referenti dei singoli vi- cariati. In apertura, recitata la preghiera allo Spirito Santo, è stato letto il passo del vangelo di Luca che narra del dialogo di Gesù con Marta e Maria. L’incontro è stato dedicato alla presentazione e alla spiegazione dei “Cantieri di Betania” punto di riferimento del secondo anno sinodale.
Soffermandosi sul testo evangelica, Mons. Marini ha messo in evidenza tre parole importanti per la vita personale, di comunità e per l’esperienza del Sinodo: cammino, ascolto e preoccupazione che è «lo snodo attraverso il quale è possibile verificare realmente l’essere cristiani cioè figli di un Padre che ci ama e che ha a cuore ciascuno».
«Il cammino sinodale – ha precisato – non può non trovarci con Gesù al centro, in ascolto attento dello Spirito che parla alla vita del-la Chiesa, in atteggiamento di fiducia, di speranza e di pace che discende dal fatto che il Signore ci accompagna con la sua paternità».
Poi ha letto la lettera che nel mese di settembre è stata inviata a ogni vescovo dal card. Grech, segretario generale del Sinodo dei vescovi, nella quale si fa il punto della situazione del cammino sinodale nella Chiesa universale.
La parola è passata a mons. Marco Daniele, vicario episcopale per l’attuazione del programma pastorale, che ha illustrato le linee metodologiche del Vademecum per il secondo anno, riassunte in sinergia, ampliamento ai “mondi lontani”, approfondimento dei temi e soggettività diocesana.
Il metodo intrapreso resta quello della condivisione partendo da piccoli gruppi disseminati sul territorio. L’obiettivo continua a essere quello di avviare una nuova esperienza di Chiesa che pratichi la sinodalità. Prosegue anche il lavoro delle équipes che si sono formate durante il primo anno e restano fondamentali le sintesi diocesane già realizzate che sono il punto di partenza dei tre Cantieri nei quali converge il contenuto del dialogo avviato. Essi sono quello della strada e del villaggio, dell’ospitalità e della casa e delle diaconie e della formazione spirituale, di cui il vicario episcopale ha illustrato le caratteristiche. A questi ogni Chiesa locale può aggiungerne “un quarto che valorizzi una priorità risultante dal percorso compiuto lungo il primo anno”. E proprio del quarto ha parlato Mons. Marini che prima ha lasciato la parola ai referenti.
Due gli interventi che hanno posto degli interrogativi e chiesto chiarimenti sul lavoro da svolgere nei prossimi mesi.
Il Pastore diocesano nel rispondere ha spiegato come il secondo anno prolunga il precedente nel segno dell’ascolto nella conversazione spirituale, per sperimentare ulteriormente la forma di lavoro avviata. «L’impegno richiesto in questo tratto di strada – ha affermato – è soprattutto quello di raggiungere altri mondi, come quello dei giovani. Importante è stare sulla via attraverso la quale la Chiesa risponde alla propria chiamata».
Lo stile dell’ascolto, del camminare insieme e di comunione autentica – ha ribadito – richiede la conversione del cuore di ciascuno», unito alla pazienza di “stare” cioè di rimanere. Un altro elemento messo in luce dal vescovo è che «l’ascolto può farci cogliere la voce dello Spirito in positivo ma anche in negativo» nel senso che ci permette di individuare problematiche del nostro tempo su cui siamo chiamati a interrogarci per capire come affrontarle.
La conversazione spirituale che è la cifra dell’incontro richiede un contesto orante di preghiera e di ascolto dello Spirito che porta alla pienezza della verità in Cristo senza correre il rischio di perdersi nel “fare” tipicamente umano.
Il quarto Cantiere “soggettivo” per la diocesi tortonese è quello delle Comunità pastorali, che come ha ribadito il presule devono diventare «una realtà viva, autentica, nuova della modalità della nostra presenza evangelizzante sul territorio» e su di esso dovranno concentrarsi le energie del secondo anno. In questa direzione va la richiesta di creare dei consigli vicariali e di indicare il referente di comunità che è una figura operativa accanto alla quale devono esserci collaboratori. Mons. Marini, prima della benedizione finale ha invitato i referenti diocesani a essere «fiammelle capaci di accendere piccoli e grandi fuochi, capaci di scaldare e illuminare il cammino della Chiesa locale».
Daniela Catalano