Inflazione e tassi bloccati

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di Cesare Raviolo

Nel 2023, in Italia, il tasso di inflazione è stato del 5,7%, in calo rispetto all’anno precedente quando fu dell’8,1%. Il rallentamento dell’inflazione è dipeso dalla flessione dei prezzi dei beni energetici regolamentati, che hanno registrato un calo da -34,9 a 41,6%, e dal ridotto aumento del costo dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +4,6 a +3,6) e dei beni alimentari lavorati (da +5,8 a +5,0). La dinamica dei prezzi è stata alimentata dall’attenuarsi della riduzione dei prezzi degli energetici non regolamentati (da 22,5 a -21,1) e dall’accelerazione di quelli dei beni alimentari non lavorati (da +5,6 a +7,0%). L’inflazione è prevista in diminuzione anche nell’anno in corso (2,5%) soprattutto per la discesa dei prezzi dei beni energetici e per gli effetti dell’innalzamento dei tassi d’interesse attuato dalla Bce (Banca Centrale Europea). L’attuale andamento del processo inflazionistico impone una riflessione circa l’opportunità che le banche centrali invertano o meno rotta, passando da una politica monetaria restrittiva a una moderatamente espansiva. D’altra parte, l’economia reale nell’anno in corso è prevista in rallentamento negli U.S.A., nell’area Euro, in Cina. Tra questi continenti solo il gigante asiatico ha di recente allentato i vincoli della politica monetaria, riducendo il coefficiente della riserva che gli istituti di credito devono obbligatoriamente mantenere presso le banche centrali. Le speranze che ciò avvenga, almeno a breve, sembrano essere poche. Nelle prime riunioni dell’anno, infatti, i banchieri centrali hanno deciso di mantenere i tassi invariati. E lo rimarranno almeno fino alla seconda metà dell’anno. Secondo gli analisti, infatti, la Fed (Banca Centrale U.S.A.) allenterà la stretta solo nella seconda metà del 2024, mentre la Bce potrebbe dare inizio alla riduzione dei tassi prima della Fed ma con un numero di tagli inferiore a quello auspicato dai mercati. La BoE (Bank of England), infine, non dovrebbe allentare la stretta nel corso del 2024 a causa di rialzi dei prezzi previsti in misura superiore a quelli ipotizzati dalla Banca centrale inglese. La Banca Centrale Europea, dunque, dovrebbe essere la prima a ridurre i tassi a meno che i “falchi” presenti nel board e il “fantasma di Weimar”, che aleggia sempre in Germania in materia monetaria, non riescano a rinviare ancora la decisione.

raviolocesare@gmail.com

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