«Invochiamo dalla Madonna il dono della pace»
Un gesto che entrerà nella storia. L’Atto di consacrazione di Papa Francesco al Cuore Immacolato di Maria della Russia e dell’Ucraina
di M. Michela Nicolais
«In unione con i vescovi e i fedeli del mondo, desidero solennemente portare al Cuore immacolato di Maria tutto ciò che stiamo vivendo: rinnovare a Lei la consacrazione della Chiesa e dell’umanità intera e consacrare a Lei, in modo particolare, il popolo ucraino e il popolo russo, che con affetto filiale La venerano come Madre». Sono le parole con cui il Papa, nell’omelia del Rito per la Riconciliazione di più penitenti con la confessione e l’assoluzione individuale e l’Atto di consacrazione al Cuore Immacolato di Maria della Russia e dell’Ucraina, da lui presieduto venerdì scorso nella basilica di San Pietro, ha spiegato il significato del gesto scelto per invocare dalla Madonna il dono della pace. Due anni dopo la “Statio Orbis” del 27 marzo 2020, in cui in una piazza deserta e sferzata dalla pioggia aveva chiesto l’intercessione della madre di Gesù per la fine della pandemia, Bergoglio affida ancora una volta a Maria – davanti a migliaia di fedeli presenti dentro e fuori la basilica di San Pietro e in contemporanea con Fatima, dove il card. Krajeswki sta presiedendo un analogo rito – le sorti del mondo, sconvolto da un mese a questa parte da un «massacro insensato», come lo ha definito nell’Angelus di domenica, in uno dei suoi ennesimi appelli per far cessare le ostilità tra Russia e Ucraina.
«In questi giorni notizie e immagini di morte continuano a entrare nelle nostre case, mentre le bombe distruggono le case di tanti nostri fratelli e sorelle ucraini inermi», l’immagine al centro dell’omelia. «L’efferata guerra, che si è abbattuta su tanti e fa soffrire tutti, provoca in ciascuno paura e sgomento», l’analisi di Francesco: «Avvertiamo dentro un senso di impotenza e di inadeguatezza. Abbiamo bisogno di sentirci dire “non temere”. Ma non bastano le rassicurazioni umane, occorre la presenza di Dio, la certezza del perdono divino, il solo che cancella il male, disinnesca il rancore, restituisce la pace al cuore». «Ritorniamo a Dio, al suo perdono», l’esortazione del Papa: «Perché in ciò che conta non bastano le nostre forze. Noi da soli non riusciamo a risolvere le contraddizioni della storia e nemmeno quelle del nostro cuore. Abbiamo bisogno della forza sapiente e mite di Dio, che è lo Spirito Santo. Abbiamo bisogno dello Spirito d’amore, che dissolve l’odio, spegne il rancore, estingue l’avidità, ci ridesta dall’indifferenza. Abbiamo bisogno dell’amore di Dio perché il nostro amore è precario e insufficiente».
«Non si tratta di una formula magica, ma di un atto spirituale», ha spiegato Francesco a proposito dell’Atto di consacrazione: «È il gesto del pieno affidamento dei figli che, nella tribolazione di questa guerra crudele e insensata che minaccia il mondo, ricorrono alla Madre, gettando nel suo Cuore paura e dolore, consegnando se stessi a Lei. È riporre in quel Cuore limpido, incontaminato, dove Dio si rispecchia, i beni preziosi della fraternità e della pace, tutto quanto abbiamo e siamo, perché sia Lei, la Madre che il Signore ci ha donato, a proteggerci e custodirci». «Dalle labbra di Maria è scaturita la frase più bella che l’Angelo potesse riportare a Dio», ha fatto notare il Papa: «Avvenga per me secondo la tua parola».
«Quella della Madonna non è un’accettazione passiva o rassegnata, ma il desiderio vivo di aderire a Dio, che ha progetti di pace e non di sventura», il commento di Francesco: «È la partecipazione più stretta al suo piano di pace per il mondo. Ci consacriamo a Maria per entrare in questo piano, per metterci a piena disposizione dei progetti di Dio. La Madre di Dio, dopo aver detto il suo sì, affrontò un lungo viaggio in salita verso una regione montuosa per visitare la cugina incinta. Prenda oggi per mano il nostro cammino: lo guidi attraverso i sentieri ripidi e faticosi della fraternità e del dialogo, sulla via della pace».
«Un cristiano senza amore è come un ago che non cuce: punge, ferisce, ma se non cuce, se non tesse, se non unisce, non serve. Oserei dire, non è cristiano», l’esempio scelto dal Papa: «Se vogliamo che il mondo cambi, deve cambiare anzitutto il nostro cuore».
«Per fare questo, oggi lasciamoci prendere per mano dalla Madonna», le parole riferite all’Atto di consacrazione al Cuore Immacolato di Maria che ha compiuto alla fine del Rito per implorare la cessazione della guerra in Ucraina: «Guardiamo al suo Cuore immacolato, dove Dio si è posato, all’unico Cuore di creatura umana senza ombre. Lei è piena di grazia, e dunque vuota di peccato: in Lei non c’è traccia di male e perciò con Lei Dio ha potuto iniziare una storia nuova di salvezza e di pace. Lì la storia ha svoltato. Dio ha cambiato la storia bussando al Cuore di Maria. E oggi anche noi, rinnovati dal perdono di Dio, bussiamo a quel Cuore».
«Ogni rinascita interiore, ogni svolta spirituale comincia da qui, dal perdono di Dio. Ogni volta che la vita si apre a Dio, la paura non può più tenerci in ostaggio», ha assicurato Francesco commentando il “non temere” dell’arcangelo Gabriele: «L’annuncio dell’Angelo le dava ragioni serie per temere. Le proponeva qualcosa di impensabile, che andava al di là delle sue forze e che da sola non avrebbe potuto gestire. Ma Maria non solleva obiezioni. Le basta quel non temere, le basta la rassicurazione di Dio. Si stringe a Lui, come vogliamo fare noi stasera». Spesso, invece, facciamo l’opposto: «Partiamo dalle nostre certezze e, solo quando le perdiamo, andiamo da Dio. La Madonna, invece, ci insegna a partire da Dio, nella fiducia che così tutto il resto ci sarà dato. Ci invita ad andare alla sorgente, al Signore, che è il rimedio radicale contro la paura e il male di vivere». Infine la citazione di una bella frase di Sant’Agostino, rivolta a Dio e riportata sopra un confessionale in basilica: «Allontanarsi da Te è cadere, tornare a Te è risorgere, restare in Te è esistere».