Joe e Donald, vecchi miei

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di Silvia Malaspina

Cari i miei Joe Biden e Donald Trump, l’esito delle elezioni del Super Tuesday di martedì 5 marzo, vi ha confermato sfidanti alle presidenziali americane che si terranno il prossimo 5 novembre. È un déjà-vu che vi rivede agguerriti, ognuno con il proprio stile: da un lato l’apparente innocuo nonnino che nei discorsi pubblici non si fa remore nel rimarcare, anche con durezza, le proprie posizioni, dall’altro lo strafottente tycoon dall’improbabile capigliatura e dall’abbondante concentrazione di melanina, che non fa mistero del proprio sentirsi al di sopra di tutto e di tutti e per il quale la diplomazia sembra essere una dote sconosciuta. Nessuno di voi mi entusiasma, ma questo non conta, ciò che, invece, mi sembra più grave è il fatto che la prima superpotenza mondiale non sia stata in grado di sfornare un ricambio generazionale alla Casa Bianca. Non posso credere che nel partito repubblicano e in quello democratico non fossero candidabili politici più giovani, probabilmente più preparati e, per dirla all’americana, più smart: caro Joe, tu compirai 81 anni il 20 novembre e tu, Donald, 77 anni il 14 giugno: comunque vada, è realistico e non pessimistico constatare che nei 4 anni del vostro mandato attraverserete un’età nella quale è consigliabile iniziare a pensare alla dimora eterna, piuttosto che alla sostituzione della carta da parati nello studio ovale. Non mi piacerebbe vedere l’Air Force One tramutato in un velivolo medico, attrezzato con dispositivi sanitari, bombole di ossigeno, defibrillatore, né assistere alla discesa del presidente degli Stati Uniti dalla scaletta dell’aereo sorretto da una badante. Nemmeno voglio essere così maligna da sospettare che il vostro tignoso attaccamento a quello che da queste parti chiamiamo “il cadreghino” sia dovuto al fatto che le possibili alternative alla vostra candidatura fossero rappresentate da donne: Nikki Haley per i repubblicani e Marianne Williamson per i democratici. Sapete, noi italiani guardiamo sempre all’America come al Paese dove tutto è possibile, dove la meritocrazia paga, i giovani possono realizzare le proprie ambizioni, le pari opportunità non sono solo uno specchietto per le allodole, ma una concreta attuazione delle reali capacità di ognuno, ma questa nostra convinzione mi sembra stridere con la stagnante situazione della vostra politica interna. Non sarà che la cara vecchia Europa, dove abbiamo premier di 52 anni (Spagna), 56 (Grecia), 34 (Francia), 57 (Olanda), 60 (Svezia), 47 (Italia) sia infine diventata un Paese per giovani?

silviamalaspina@libero.it

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