“Jojo Rabbit”, una grande rivelazione

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Una sorpresa questo “Jojo Rabbit” che guadagna ben 6 candidature agli Oscar.

Cresciuto nel villaggio di una Germania immaginaria, a dieci anni Johannes (Jojo) è intriso di cultura del Terzo Reich e sogna di diventare un giovane nazista.

La madre Rosie (Scarlett Johansson) non condivide le sue idee e prova a distoglierlo dalla sua ossessione con amore ed entusiasmo. Un giorno però il bambino scopre che Rosie nasconde una ragazzina ebrea in casa.

Diviso tra la curiosità nei confronti della giovane ebrea e la voce del Führer che lo invita a non tradire i precetti nazisti, Johannes si troverà di fronte a un bivio. Il punto di forza della pellicola sta nel prendere di mira negazionismo, razzismo, sovranismo ed elogio della violenza, attraverso una narrazione irriverente dal sapore dolce-amaro.

Un contrasto che piace. Poi il punto di vista è quello dell’“infanzia”, per cui il nazismo viene “filtrato” dallo sguardo di un bambino. Si genera un curioso mix tra orrore e leggerezza e l’alternarsi di scene di comicità scoppiettante e momenti più malinconici e riflessivi. Non per questo il film manca di intensità e profondità, al contrario, forse lo stile narrativo tutto giocato sull’umorismo nero può rappresentare una chiave comunicativo-divulgativa sui temi della memoria, della guerra e della Shoah, sulla scia di classici come “La vita è bella” di Benigni. Potrebbe anche dare fastidio… se si scade nel ritratto di un “nazismo da fiaba”, invece emerge un delicato racconto di formazione in cui un bambino tocca con mano gli orrori della guerra attraverso la scoperta del “diverso”. La figura di Jojo fa esperienza del male e del dolore ed ecco che il messaggio forte sta nel ribadire come solamente la conoscenza e l’accettazione dell’altro possono liberare da pregiudizi e false ideologie.

L’incredibile Roman Griffin Davis che interpreta il protagonista è una delle rivelazioni dell’anno.

Musiche e fotografia lasciano il segno.

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