«La bellezza della Chiesa: siamo un’unica famiglia, nella quale nessuno è straniero»
Il Papa in Kazakhstan per il VII Congresso dei Leader delle religioni mondiali. È la prima volta che vi partecipa il Pontefice
di Daniela Catalano
Giovedì scorso è terminato il 38° viaggio apostolico di Papa Francesco in Kazakhstan, dove ha preso parte al VII Congresso dei leader delle religioni mondiali e ha incontrato la popolazione e la comunità cattolica. Il “pellegrinaggio di dialogo e di pace”, compiuto nell’immensa ex repubblica sovietica dell’Asia centrale, è iniziato proprio nel Palazzo del presidente Kassym-Jomart Tokayev. Il congresso, che si svolge dal 2003 nella capitale Nur-Sultan, con cadenza triennale, per la prima volta ha visto la partecipazione del Pontefice.
A scandire il programma delle tre giornate sono stati gli incontri pubblici e privati e la Messa celebrata nella piazza dell’Expo di Nur-Sultan, per la piccola comunità cattolica del Paese a maggioranza musulmana. All’evento hanno partecipato numerosi capi religiosi provenienti da tutto il mondo che si sono ritrovati per “l’affermazione della pace, dell’armonia e della tolleranza come principi incrollabili dell’esistenza umana” e per affrontare “il tema dell’uso dei sentimenti religiosi delle persone per l’escalation di conflitti e ostilità”.
All’arrivo il Papa ha incontrato il presidente Tokayev e ha ricordato che il Kazakhstan è un Paese che ha «un ruolo fondamentale nell’attenuare le conflittualità», dove Giovanni Paolo II venne a seminare speranza subito dopo i tragici attentati del 2001. Durante quella visita, il Pontefice aveva invocato la pacifica convivenza di religioni ed etnie, come quella kazaka, russa, ucraina e molte altre che si trovano all’interno del Paese, che con circa 150 gruppi etnici e più di 80 lingue parlate è diventato emblematico di una pacifica convivenza. Per Francesco è un «Paese d’incontro», «ponte fra l’Europa e l’Asia», «anello di congiunzione tra Oriente e Occidente». E prendendo a simbolo lo strumento musicale tipico del Paese, la dombra, ha affermato che in questa terra «risuonano le note di due anime, quella asiatica e quella europea», che ne fanno una permanente «missione di collegamento tra due continenti».
Nella giornata di mercoledì 14 settembre, iniziata con un momento di preghiera in silenzio, presso il Palazzo della Pace e della Riconciliazione, insieme ai leader religiosi, Papa Francesco ha partecipato alla sessione plenaria con un suo intervento. Nel pomeriggio poi ha presieduto la Messa nel piazzale dell’Expo.
Nella mattina di giovedì 15 settembre, presso la cattedrale Madre di Dio del Perpetuo Soccorso, si è svolto l’incontro con i vescovi della Conferenza Episcopale dell’Asia Centrale, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati, i seminaristi e gli operatori pastorali e a loro Francesco ha detto: «Sono felice di essere qui in mezzo a voi e di incontrare una Chiesa fatta di tanti volti, storie e tradizioni diverse, tutte unite dall’unica fede in Cristo Gesù. La bellezza della Chiesa è questa: siamo un’unica famiglia, nella quale nessuno è straniero».
«La via del dialogo interreligioso è una via comune di pace e per la pace, e come tale è necessaria e senza ritorno» – ha affermato il Santo Padre nel suo ultimo discorso in Kazakhstan, pronunciato nel pomeriggio, nel Palazzo dell’Indipendenza di Nur-Sultan, dopo la lettura della Dichiarazione finale a conclusione del Congresso, convinto che «il dialogo interreligioso non è più solo un’opportunità, è un servizio urgente e insostituibile all’umanità». «Si guardi al bene dell’essere umano più che agli obiettivi strategici ed economici, agli interessi nazionali, energetici e militari, prima di prendere decisioni importanti» l’indicazione del Papa, «per compiere scelte che siano davvero grandi si guardi ai bambini, ai giovani e al loro futuro, agli anziani e alla loro saggezza, alla gente comune e ai suoi bisogni reali. E noi leviamo la voce per gridare che la persona umana non si riduce a ciò che produce e guadagna; che va accolta e mai scartata; che la famiglia, in lingua kazaka “nido dell’anima e dell’amore”, è l’alveo naturale e insostituibile da proteggere e promuovere perché crescano e maturino gli uomini e le donne di domani».
Nel Documento finale emerge forte la convinzione che «l’estremismo, il radicalismo, il terrorismo e ogni altro incentivo all’odio, all’ostilità, alla violenza e alla guerra, qualsiasi motivazione e obiettivo si pongano, non hanno nulla a che fare con l’autentico spirito religioso e devono essere respinti nei termini più decisi possibili». Occorre, invece, “custodire un sano rapporto tra politica e religione”: se la religione non può essere relegata nel privato, la trascendenza “non deve cedere alla tentazione di trasformarsi in potere” e la pace scaturisce dalla fraternità. Papa Francesco ha voluto evidenziare tre parole del Documento che sono “pace”, “donna” e “giovani”. Ha anche ribadito che «la libertà religiosa deve essere un diritto garantito concretamente a ogni uomo e donna, per questo la Chiesa cattolica insiste nell’annunciare la dignità inviolabile di ogni persona, creata a immagine di Dio» e crede «nell’unità della famiglia umana».
«La straordinaria multireligiosità e multiculturalità del Kazakhstan – ha concluso – offre un esempio di futuro per camminare insieme tessitori di speranza e artigiani di concordia».
(Foto: Vatican Media/SIR)