La città ricorda i suoi caduti
La commemorazione a 80 anni dal bombardamento dell’8 luglio 1944
NOVI LIGURE – Sabato 6 luglio alle ore 10.30 in piazza della Repubblica (galleria Mazzini) si è svolta la cerimonia in ricordo delle vittime del devastante bombardamento che colpì Novi sabato 8 luglio 1944, durante la seconda guerra mondiale. Dopo la deposizione di una corona davanti alla lapide commemorativa, è intervenuto il sindaco Rocchino Muliere prima di lasciare la parola alla professoressa Alice Lucina per l’orazione ufficiale. La benedizione è stata impartita da don Massimo Bianchi. Lo storico novese Michelangelo Mori “fotografò” con queste parole quel momento tragico: “Era sabato. Alle 10 e 20, come tutte le mattine, una lunga coda di donne aspettava davanti alla latteria di via Paolo Giacometti. In mano la tessera annonaria, nell’altra il bambino più piccolo. Donne del popolo, mogli di operai, signore anziane vestite di scuro, ragazzine con abiti modesti e la borsa della spesa semivuota. Attendevano la poca dose di latte che spettava per legge. C’era caldo sulla piazza della Stazione. C’era molta gente, genovesi in cerca di farina e patate, uomini con ceste, valigie, pacchetti. Non ci fu nessuna allarme, nessuna sirena. Solo un breve silenzio, per trattenere il fiato. Poi tutti udirono il rombo degli aerei, il fischio degli ordigni. Troppo tardi”. Già nella mattinata di quella terribile giornata ci furono 107 morti e migliaia di feriti anche gravi e il bilancio si aggravò col passare dei giorni. Grande e spaventosa fu anche la distruzione che subì la città, abitata da 6.000 anime. L’area di Porta Pozzolo fu in gran parte distrutta, così come l’albergo Reale, l’hotel Novi, l’albergo Viaggiatori, il palazzo Pernigotti, il palazzo dove un tempo era collocato l’albergo Leon d’Oro, la casa d’angolo tra via Giacometti e corso Marenco, proprio di fronte alla latteria citata da Mori. Sono passati ben 80 anni da quel giorno e, purtroppo, le bombe continuano a cadere in altre parti del mondo, uccidendo uomini, donne e bambini.
Vittorio Daghino