La «diplomazia della speranza»

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Il Papa al Corpo diplomatico. Nell’incontro del 9 gennaio Francesco ha parlato di una sempre più concreta minaccia di una guerra mondiale, invocando il dialogo tra tutti, specie nell’anno del Giubileo

DI MARCO REZZANI

Giovedì 9 gennaio il Papa ha ricevuto il Corpo diplomatico presso la Santa Sede per gli auguri di inizio anno. Si tratta di una tradizione nella quale il Pontefice riceve i rappresentanti degli Stati che intrattengono piene relazioni con la Santa Sede. Attualmente sono 184 ai quali vanno aggiunti l’Unione Europea e il Sovrano Militare Ordine di Malta (Smom). Le Missioni diplomatiche accreditate presso la Santa Sede con sede a Roma, incluse quelle dell’Unione Europea e dello Smom, sono 90. Hanno sede a Roma anche gli Uffici accreditati presso la Santa Sede della Lega degli Stati Arabi, dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Nell’Aula della Benedizione, Francesco ha lanciato un appello al dialogo «con tutti» per spezzare le catene dell’odio. Ha quindi denunciato la guerra, la situazione «ignobile» a Gaza, il terrorismo in Germania e Usa, l’antisemitismo, le persecuzioni religiose, il diritto all’aborto «inaccettabile», le insidie delle nuove tecnologie e la cancel culture. Ha invocato la pace per Ucraina e Medio Oriente e una «diplomazia della speranza». «Purtroppo, iniziamo questo anno mentre il mondo si trova lacerato da numerosi conflitti, piccoli e grandi, più o meno noti, e anche dalla ripresa di esecrabili atti di terrore, come quelli recentemente avvenuti a Magdeburgo in Germania e a New Orleans negli Stati Uniti. – l’analisi introduttiva di Bergoglio che, a causa di un raffreddore, ha delegato la lettura del testo al sottosegretario del Dicastero per le Chiese orientali Vediamo pure che in tanti Paesi ci sono sempre più contesti sociali e politici esacerbati da crescenti contrasti e siamo di fronte a società sempre più polarizzate, nelle quali cova un generale senso di paura e di sfiducia verso il prossimo e verso il futuro. Ciò è aggravato dal continuo creare e diffondersi di fake news, che non solo distorcono la realtà dei fatti, ma finiscono per distorcere le coscienze, suscitando false percezioni della realtà e generando un clima di sospetto che fomenta l’odio, pregiudica la sicurezza delle persone e compromette la convivenza civile e la stabilità di intere nazioni. Ne sono tragiche esemplificazioni gli attentati subiti dal presidente del Governo della Repubblica Slovacca e dal presidente eletto degli Stati Uniti d’America». «Tale clima di insicurezza – sono ancora le parole del Santo Padre– spinge a erigere nuove barriere e a tracciare nuovi confini, mentre altri, come quello che da oltre cinquant’anni divide l’isola di Cipro e quello che da oltre settanta taglia in due la penisola coreana, rimangono saldamente in piedi, separando famiglie e sezionando case e città. I confini moderni pretendono di essere linee di demarcazione identitarie, dove le diversità sono motivo di diffidenza, sfiducia e paura». Di qui l’auspicio che il Giubileo «possa rappresentare per tutti, cristiani e non, un’occasione per ripensare anche le relazioni che ci legano, come esseri umani e comunità politiche; per superare la logica dello scontro e abbracciare invece la logica dell’incontro; perché il tempo che ci attende non ci trovi vagabondi disperati, ma pellegrini di speranza, ossia persone e comunità in cammino impegnate a costruire un futuro di pace». «Di fronte alla sempre più concreta minaccia di una guerra mondiale – ha affermato il Papa la vocazione della diplomazia è quella di favorire il dialogo con tutti, compresi gli interlocutori considerati più scomodi o che non si riterrebbero legittimati a negoziare: è questa l’unica via per spezzare le catene di odio e vendetta che imprigionano e per disinnescare gli ordigni dell’egoismo, dell’orgoglio e della superbia umana, che sono la radice di ogni volontà belligerante che distrugge». E poi Francesco ha passato in rassegna diversi temi che gli stanno particolarmente a cuore a iniziare dalla pena di morte che deve essere «eliminata in tutte le nazioni, poiché essa non trova oggi giustificazione alcuna tra gli strumenti atti a riparare la giustizia» e in questo Anno Santo il Pontefice vede «un tempo favorevole per praticare la giustizia, per rimettere i debiti e commutare le pene dei prigionieri», chiarendo che «non possiamo dimenticare che in un certo senso siamo tutti prigionieri, perché siamo tutti debitori». Quindi l’appello al dovere di «esercitare il massimo sforzo per la cura della nostra casa comune e di coloro che la abitano e la abiteranno» con l’invito ai Paesi più ricchi a condonare i debiti di quelli più poveri che mai potrebbero ripagarli. Riguardo all’Intelligenza Artificiale, Bergoglio, pur evidenziando che «porta con sé indubbi vantaggi per l’umanità», ha fatto notare come non se ne possano «tacere i limiti e le insidie, poiché spesso contribuiscono alla polarizzazione, al restringimento delle prospettive mentali, alla semplificazione della realtà, al rischio di abusi, all’ansia e, paradossalmente, all’isolamento, in particolare attraverso l’uso dei social media e dei giochi online». È perciò urgente la promozione di «un’educazione come alfabetizzazione mediatica, volta ad offrire strumenti essenziali per promuovere le capacità di pensiero critico, per dotare i giovani dei mezzi necessari alla crescita personale e alla partecipazione attiva al futuro delle loro società». Francesco ha puntato il dito anche contro il cosiddetto diritto di aborto, definendolo «inaccettabile». Esso, in realtà, «contraddice i diritti umani, in particolare il diritto alla vita. Tutta la vita va protetta, in ogni suo momento, dal concepimento alla morte naturale, perché nessun bambino è un errore o è colpevole di esistere, così come nessun anziano o malato può essere privato di speranza e scartato». Un largo capitolo del documento è stato riservato alle varie guerre che affliggono milioni di uomini, donne e bambini in tante parti del mondo, Ucraina, Medio Oriente e Africa in primis. Per il vescovo di Roma, «la guerra è sempre un fallimento» e «il coinvolgimento dei civili, soprattutto bambini, e la distruzione delle infrastrutture non sono solo una disfatta, ma equivalgono a lasciare che tra i due contendenti l’unico a vincere sia il male. Non possiamo minimamente accettare che si bombardi la popolazione civile o si attacchino infrastrutture necessarie alla sua sopravvivenza. Non possiamo accettare di vedere bambini morire di freddo perché sono stati distrutti ospedali o è stata colpita la rete energetica di un Paese». Il Papa ha indicato la via di una «diplomazia della speranza, di cui tutti siamo chiamati a farci araldi, affinché le dense nubi della guerra possano essere spazzate via da un rinnovato vento di pace». In questo Giubileo bisogna dunque «superare la logica dello scontro e abbracciare invece la logica dell’incontro».

(Foto: Vatican Media/SIR)

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