La gazzella domata
Di Silvia Malaspina
Cara Ahou Daryaei, ti conosciamo come “la ragazza dell’università”, la studentessa di Lingua e letteratura francese all’università islamica di Azad a Tehran che nei giorni scorsi è rimasta in biancheria intima nel cortile dell’ateneo, pare in segno di protesta contro l’imposizione del velo. La tua vicenda ha fatto il giro del web in poche ore, poiché il tuo gesto è stato ripreso con il cellulare da alcuni studenti, ma a oggi circolano varie supposizioni su quanto sia realmente accaduto. Nemmeno il tuo nome, cara Ahou, è certo; sicuro è solo il suo significato: gazzella di mare. Sei la gazzella che, secondo le testimonianze di alcuni movimenti studenteschi e di alcune agenzie di stampa iraniane, prima di camminare nel campus seminuda, è stata aggredita e strattonata dalle guardie di sicurezza dell’università che ti avevano chiesto di rispettare le norme di abbigliamento richieste, poiché non indossavi il velo, ma solo il cappuccio della felpa? Oppure sei la folle che, secondo una differente ricostruzione, sarebbe entrata in alcune aule universitarie interrompendo le lezioni con frasi sconclusionate? Al momento sappiamo solo che sei stata prelevata dalla polizia morale che, dopo averti portata via a forza, ha derubricato il tuo comportamento come quello di una persona con “disturbi psichiatrici”, che avrebbe agito autonomamente e non in seguito a maltrattamenti. Da qui in poi, cara Ahou, il buio totale: apprendiamo solo una dichiarazione ufficiale ed edulcorata dalla portavoce del Governo Fatemeh Mohajerani, secondo la quale sei stata trasferita in una struttura per ricevere cure idonee, poiché «il Governo sta considerando il caso da un punto di vista sociale. Cercheremo di risolvere il caso di questa studentessa come quello di una persona che sta affrontando un problema». La portavoce non ha specificato quali trattamenti tu stia ricevendo né dove. Non vorrei, cara Ahou, che, a due anni dalla scomparsa di Masha Amini, picchiata a morte dalla polizia morale perché indossava male il velo, ci trovassimo a piangere un’altra giovane donna. È pur vero che in Iran moltissimi ragazzi di ambo i sessi continuano a ribellarsi al regime, scandendo lo slogan curdo: “Donna, vita, libertà”, ma sono atti coraggiosi che si possono pagare anche con il carcere a vita. Fuori dall’Iran, fino a oggi solo Amnesty International ha esortato il Governo iraniano a proteggerti «da torture e maltrattamenti». Quale sarà la tua sorte? Temo, cara Ahou, che non lo sapremo mai o lo sapremo quando sarà troppo tardi: sei ormai una fragile gazzella domata dal regime.
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