La macchina è un rifugio

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Di Arianna Ferrari e Andrea Rovati

LEI

L’automobile. Risorsa o potenziale strumento di martirio per molti di noi? Guidiamo per raggiungere il lavoro e altre mete più o meno necessarie. Io ho una macchina vecchiotta a cui sono legata da un rapporto d’amore e odio. Le voglio bene perché mi ha salvato la pelle quando feci un incidente con un cinghiale ma quando inizia a fare rumori sinistri oppure se penso al suo sistema d’illuminazione cimiteriale, mi sta un po’ antipatica. Tuttavia io e lei stiamo molto insieme e in quel tempo mi dedico a telefonate (ovviamente via Bluetooth), preghiere o riflessioni di vario tipo; una sorta di spazio cuscinetto solo mio che mi consente di prendere qualche distanza. Nel guidare ci sono però anche degli svantaggi. È impegnativo per esempio quando si fa buio, le condizioni meteo sono avverse, le strade pessime e devi condividere tutta questa “meraviglia” con gli altri utenti dell’asfalto. Ciclisti senza luci che nelle tenebre, di nero vestiti, pedalano contromano, monopattini che non sono da meno, scalmanati che nella nebbia usano gli abbaglianti come joystick per sorpassare, esagitati che suonano il clacson ancora prima che scatti il verde… insomma una variegata umanità non sempre piacevole a cui bisogna prestare attenzione e che ti invita a resistere all’invettiva. Ci sono anche le cose belle; ieri tornando a casa abbiamo incontrato la prima neve e andando piano abbiamo potuto godercela. In quest’ottica forse anche un semaforo rosso potrebbe essere un attimo di relax nella frenesia.

arifer.77@libero.it

LUI

Siano talmente abituati che ormai lo diamo per scontato: una parte tutt’altro che piccola della nostra vita la passiamo al volante. La stabilitas loci del monaco medievale non potrebbe essere più lontana; Homo pendularis ha conquistato il mondo e tra i suoi possedimenti si sposta in macchina. Seppur bersagliato dagli improperi dei puri (o sedicenti tali) che sognano un mondo a zero emissioni (e sotto sotto un incubo a zero uomini), anch’io ogni giorno salgo in auto e faccio il mio bravo tratto di strada per andare al lavoro. Mi dispiace (in realtà neanche un po’) per gli adepti della Madre Terra, ma in quei momenti non penso alla CO2 che produco, penso piuttosto alle insidie della strada: pedoni, podisti, ciclisti amatoriali, poveretti che al lavoro ci devono andare in bicicletta nel traffico, monopattini, guidatori fanatici, camion, trattori… insomma la strada – come la vita – è il regno del reale, una foresta nella quale il rischio di farsi male e quello di far male (sebbene non intenzionalmente) è alto. Mi spaventa la foresta, ma ciascuna ha le sue radure che non si scoprono finché non ci si addentra. E in queste si trovano spazio e tempo per la preghiera (la prima è di proteggere me e gli altri) e poi per i contatti al telefono vivavoce con persone vicine e lontane, per aggiornarsi su ciò che succede nel mondo, finanche per ritemprarsi ascoltando la musica. Un tempo speciale, un tesoro nascosto nel caos della giornata, piccolo dono prezioso e fragile nell’infinito dono della vita.

andrea.rovati.broni@gmail.com

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