La Pasqua di Papa Francesco

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Le parole del Pontefice durante i riti della Settimana Santa. Nella Via Crucis al Colosseo una infermiera ucraina, Irina, e una studentessa russa, Albina, hanno portato insieme la Croce nella penultima stazione

di Marco Rezzani

Papa Francesco ha presieduto i riti del Triduo pasquale. Le celebrazioni in Vaticano hanno visto una larga partecipazione di fedeli dopo i due anni di pandemia. Anche la Via Crucis è tornata nel suo luogo tradizionale: il Colosseo. Tuttavia la gioia per una “quasi normalità” è stata segnata dal dolore per la sofferenza dei popoli coinvolti dalla guerra, a partire da quello ucraino. Forte e accorato l’appello del Santo Padre a gesti di riconciliazione e di pace.

Giovedì Santo

Il Pontefice ha celebrato in mattinata nella basilica di San Pietro la Messa Crismale e nel pomeriggio si è recato presso il carcere di Civitavecchia per la Messa in Coena Domini dove ha compiuto il rito della “lavanda dei piedi” a dodici detenuti.

Nell’omelia della Messa crismale, ha messo in guardia i sacerdoti da tre «spazi di idolatria nascosta», che espongono alla presenza del maligno: mondanità spirituale, pragmatismo dei numeri e funzionalismo. «Uno spazio di idolatria nascosta – ha affermato Francesco – si apre dove c’è mondanità spirituale, che è una proposta di vita, è una cultura, una cultura dell’effimero, una cultura dell’apparenza, del maquillage. La mondanità di andare cercando la propria gloria ci ruba la presenza di Gesù umile e umiliato, Signore vicino a tutti, Cristo dolente con tutti quelli che soffrono».

L’altro rischio è il «pragmatismo dei numeri». «Coloro che hanno questo idolo nascosto – ha osservato – si riconoscono per il loro amore alle statistiche». Ma le persone «non si possono numerare», il monito del Papa: «in questo fascino per i numeri, in realtà, ricerchiamo noi stessi e ci compiacciamo del controllo assicuratoci da questa logica, che non s’interessa dei volti e non è quella dell’amore».

Infine il funzionalismo. «Il sacerdote con mentalità funzionalista ha il proprio nutrimento, che è il suo ego. Nel funzionalismo lasciamo da parte l’adorazione al Padre nelle piccole e grandi cose della nostra vita e ci compiacciamo dell’efficacia dei nostri programmi».

«Tra voi, dovete servirvi; uno serve l’altro, senza interessi. Che bello sarebbe se questo fosse possibile farlo tutti i giorni e a tutta la gente: ma sempre c’è l’interesse, che è come una serpe che entra». Lo ha detto il Papa, nell’omelia della Messa in Coena Domini, pronunciata a braccio nel carcere di Civitavecchia, ricordando che è «importante fare tutto senza interesse: uno serve l’altro, uno è fratello dell’altro, uno fa crescere l’altro, uno corregge l’altro, e così bisogna fare andare avanti le cose. Servire!».

Venerdì Santo

Nel pomeriggio il Santo Padre ha presieduto la celebrazione della Passione del Signore, affidando al cardinale Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa pontificia, l’omelia, che quest’ultimo ha concluso con un forte richiamo alla guerra in Ucraina: «Se non convertirete i missili in fabbriche e case, perirete tutti allo stesso modo», parafrasando quanto detto da Gesù in merito alla rovinosa caduta della torre di Siloe sulla folla.

In serata la Via Crucis al Colosseo. Una infermiera ucraina, Irina, e una studentessa russa, Albina, che portano insieme la Croce nella penultima stazione. Fianco a fianco, senza pronunciare una parola, la consegnano a una famiglia di migranti per l’ultima tappa della Via Crucis. È l’immagine-icona del rito. «Converti al tuo cuore i nostri cuori ribelli, perché impariamo a seguire progetti di pace», la preghiera finale letta con voce commossa dal Papa: «Porta gli avversari a stringersi la mano, perché gustino il perdono reciproco; disarma la mano alzata del fratello contro il fratello, perché dove c’è l’odio fiorisca la concordia».

Sabato Santo

La Chiesa in questo giorno sosta in silenzio nell’attesa della “madre di tutte le veglie” che annuncia la gioia della Risurrezione. In San Pietro è stata celebrata alle 19.30.

Nell’omelia della Veglia pasquale – che Francesco ha pronunciato pur lasciando la presidenza della suggestiva e ricca liturgia al cardinale decano Giovanni Battista Re – risuona il senso vero della Risurrezione: «La Pasqua non accade per consolare intimamente chi piange la morte di Gesù, ma per spalancare i cuori all’annuncio straordinario della vittoria di Dio sul male e sulla morte». «La luce della Risurrezione – ha continuato il Santo Padre – non vuole trattenere le donne nell’estasi di un godimento personale, non tollera atteggiamenti sedentari, ma genera discepoli missionari che “tornano dal sepolcro” e portano a tutti il Vangelo del Risorto. Ecco perché, dopo aver visto e ascoltato, le donne corrono ad annunciare la gioia della Risurrezione ai discepoli. Sanno che potrebbero essere prese per pazze, tant’è che il Vangelo dice che le loro parole parvero “come un vaneggiamento”, ma non sono preoccupate della loro reputazione, di difendere la loro immagine; non misurano i sentimenti, non calcolano le parole». «Com’è bella una Chiesa che corre in questo modo per le strade del mondo!», ha chiosato il Papa: «Senza paure, senza tatticismi e opportunismi; solo col desiderio di portare a tutti la gioia del Vangelo. A questo siamo chiamati: a fare esperienza del Risorto e condividerla con gli altri; a rotolare quella pietra dal sepolcro, in cui spesso abbiamo sigillato il Signore, per diffondere la sua gioia nel mondo».

Pasqua di risurrezione

Il giorno di Pasqua Papa Francesco ha celebrato la Santa Messa in piazza San Pietro, gremita di fedeli e abbellita da 40 mila fiori offerti da fioristi olandesi. Dopo il giro della piazza sulla “Papamobile”, Bergoglio si è portato alla loggia centrale della basilica vaticana per il tradizionale Messaggio e per la Benedizione Urbi et Orbi.

Nell’omelia della Messa ha ricordato le tante situazioni di conflitto e di povertà che seminano sofferenze nel mondo; a iniziare dall’Ucraina, lo sguardo e il cuore di Francesco, si sono allargati all’Afghanistan, al Medio Oriente, al Libano, alla Siria, all’Iraq, alla Libia, allo Yemen, al Myanmar, all’Etiopia, al Congo, al Sudafrica colpito da devastanti alluvioni, all’America Latina provata da forti disagi sociali.

«Fratelli e sorelle, lasciamo entrare la pace di Cristo nelle nostre vite, nelle nostre case, nei nostri Paesi!”. È l’appello del Papa prima della benedizione: «Sia pace per la martoriata Ucraina, così duramente provata dalla violenza e dalla distruzione della guerra crudele e insensata in cui è stata trascinata. Su questa terribile notte di sofferenza e di morte sorga presto una nuova alba di speranza! Si scelga la pace. Si smetta di mostrare i muscoli mentre la gente soffre. Per favore, per favore: non abituiamoci alla guerra, impegniamoci tutti a chiedere a gran voce la pace, dai balconi e per le strade! Pace! Chi ha la responsabilità delle Nazioni ascolti il grido di pace della gente». «Porto nel cuore tutte le numerose vittime ucraine, i milioni di rifugiati e di sfollati interni, le famiglie divise, gli anziani rimasti soli, le vite spezzate e le città rase al suolo. Ho negli occhi lo sguardo dei bambini rimasti orfani e che fuggono dalla guerra. Guardandoli – ha aggiunto – non possiamo non avvertire il loro grido di dolore, insieme a quello dei tanti altri bambini che soffrono in tutto il mondo: quelli che muoiono di fame o per assenze di cure, quelli che sono vittime di abusi e violenze e quelli a cui è stato negato il diritto di nascere». Nel dolore della guerra, ha affermato il Santo Padre, «non mancano anche segni incoraggianti, come le porte aperte di tante famiglie e comunità che in tutta Europa accolgono migranti e rifugiati. Questi numerosi atti di carità diventino una benedizione per le nostre società, talvolta degradate da tanto egoismo e individualismo, e contribuiscano a renderle accoglienti per tutti».

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