La spesa si fa in due. Forse
di Arianna Ferrari e Andrea Rovati
LEI
L’approccio con la spesa è ambivalente. A volte la percepisco come una traversata oceanica in solitaria, altre volte come una occasione di distrazione per aggirarmi tra banchi e scaffali. Quando sono molto stanca è la fatica di Sisifo; se sono pensierosa è quasi una divagazione. Nella nostra famiglia non esiste il giorno fisso per la spesa e raramente accade di farla insieme per cui l’arduo compito si declina quasi a caso tra contingenze e voluttà. In linea generale preferisco farla da sola perché mio marito comprerebbe solo il minimo necessario per la sopravvivenza e nel giro di mezz’ora passerebbe in modalità offline; io cerco di evitare di tornare il giorno dopo e di sfruttare la mascolina presenza per farmi aiutare a portare i pesi. Entro nel supermercato con l’idea che ci manchino solo due cose e perciò non prendo il carrello. Poi esco carica come un somaro con sacchetti e borse, dandomi ripetutamente della stupida perché all’ingresso lo potevo prendere. Arrivo a casa e mi accorgo che immancabilmente ho dimenticato qualcosa che dovevo assolutamente comprare, mentre mi ritrovo nelle buste “varie ed eventuali” non contemplate a priori. Vi prego di rassicurarmi sul fatto che questo non capiti solo a me. Vogliamo poi parlare dei supermercati? C’è quello dove è più buona la carne, quello della frutta e verdura, la panetteria, il più conveniente e così via. Non so come la viviate voi: io lo definirei un impegno, talvolta ludico ma sicuramente faticoso. Soprattutto se non prendi il carrello o non porti il marito.
arifer.77@libero.it
LUI
Prendo anche il latte? Ogni volta me lo scordo, quindi meglio chiedere. Quale tipo di latte, poi, ci penserò: non ci ho mai capito molto di latte, lo devo ammettere, quindi deciderò al momento: fresco, intero, parzialmente scremato… alla fine userò il criterio cromatico: compro la bottiglia che assomiglia di più a quella che abbiamo finito stamattina (che ovviamente non so quale fosse). Non è vero che a noi uomini non piace fare la spesa, è che dobbiamo farla nel modo che ci è possibile. Se ci andiamo da soli abbiamo bisogno di istruzioni precise perché il nostro cervello è un organo semplice che lavora per compiti, non riesce a concepire l’enormità dell’interazione supermercato/casa nostra: “compra questo e non quello” lo accettiamo (anche se scorderemo di certo qualcosa), “fai un po’ tu e prendi quello che vuoi” invece ci lascia sgomenti e non funziona. E poi abbiamo un’autonomia più limitata: se ci vado con mia moglie entro carico e per i primi venti minuti riesco pure ad appassionarmi dei vari tipi di pomodoro ma alla terza corsia le batterie si stanno già esaurendo, comincio a distrarmi, faccio finta di capire le domande su quale yogurt comprare, cerco di darmi un tono nei pochi settori per i quali provo un vago interesse (vino e formaggi, anche se poi i prodotti sono sempre gli stessi), infine davanti ai dieci tipi di ammorbidente per la lavatrice si verifica il collasso, con rianimazione possibile solo vedendo in lontananza il miraggio delle casse e del ritorno a casa.
andrea.rovati.broni@gmail.com