La storia diventa di tutti
A Godiasco apre l’Archivio Malaspina. Una vera miniera di dati e vicende dell’Oltrepò oggi consultabile anche online: 388 faldoni e 1320 unità archivistiche
Nella nuova sede della Biblioteca comunale di Godiasco è collocato un frammento importante della storia non solo del comune della valle Staffora, ma anche dell’intero Oltrepò pavese.
Stiamo parlando dell’Archivio Malaspina, consultabile rigorosamente su appuntamento e parzialmente digitalizzato sul sito www.archiviomalaspina.it/.
Si tratta di un patrimonio di 388 faldoni per un totale di 1320 unità archivistiche provenienti dall’archivio della famiglia Malaspina di Godiasco che narrano le vicende del territorio intrecciate con quelle del marchesato. Una vera miniera di informazioni ora a disposizione del pubblico.
«Sono particolarmente soddisfatto – afferma il sindaco Fabio Riva – di aver reso finalmente disponibile per il pubblico tutto il materiale contenuto nell’archivio, e in particolare della realizza-
zione del sito (per cui devo ringraziare Fondazione Cariplo, che lo ha finanziato) in cui sono stati digitalizzati un cospicuo numero di documenti».
«Il materiale oggi esposto, catalogato e ben conservato – spiega l’assessore alla Cultura Lara Bressani – è stato per secoli una proprietà privata dei nobili Malaspina e dei loro discendenti, dichiarato di notevole interesse storico nel 1982.
Fu allora che la mole di carta conservata a palaz-zo Pedemonte “senza ordine, senza inventario, senza coperte, senza contenitori e senza annotazioni di tipo archivistico” (per usare le parole di Ugo Fiorina, allora direttore dell’Archivio di Stato di Pavia) iniziò il processo che portò alla firma della convenzione di deposito dalla proprietaria Ghida Pedemonti Salom Durand de La Penne al fondo all’Archivio di Stato di Pavia. Lì le 294 cartelle e registri (secoli XII-XIX) e i 200 volumi (cinquecentine ed edizioni rare) vennero ricondizionati nelle attuali 388 buste, a cui seguì una prima sommaria catalogazione».
Nel 2011 il Comune, grazie anche ad un contributo della Regione Lombardia, chiese di poter procedere all’acquisto dell’archivio. Ed è qui che entrarono in gioco le archiviste Caterina Antonioni e Susanna Sora che si occuparono di inventariare tutti i documenti.
«L’archivio della famiglia Malaspina – continua l’assessore – corrisponde a quelle caratteristiche di archivio familiare che vedono nella necessità di conservare per documentare e comprovare i propri diritti la maggiore spinta per la loro formazione e conservazione. Ecco perché si ritrovano nel fondo tutti i documenti relativi a questioni ereditarie, ad acquisti, a cause sostenute per arrivare al riconoscimento di propri diritti in materia di beni posseduti. Si tratta delle carte più consultate nel corso del tempo e probabilmente più volte aggregate e disaggregate a seconda delle necessità contingenti prevalenti. Nello specifico l’archivio raccoglie principalmente la corrispondenza dei membri dei marchesi Malaspina e delle loro consorti a partire dal XIV secolo fino alla fine del XIX secolo: migliaia di lettere di carattere privato ma anche relative alla gestione del patrimonio. Accanto alla corrispondenza con i figli, le mogli, i genitori, gli amici e i parenti, quindi, si incontra la corrispondenza di carattere amministrativo con gli avvocati, le autorità, le istituzioni civili e religiose, le famiglie più influenti del Nord Italia. E poi, ovviamente, ci sono i carteggi relativi alle funzioni pubbliche ricoperte da alcuni esponenti della famiglia, a cui si legano quindi gride, editti e leggi applicate nei territori amministrati dalla famiglia, dalla Valle Staffora alla Val Trebbia».
L’archivio rappresenta un punto di partenza per analizzare, attraverso le vicende familiari, liti, riappacificazioni, controversie giudiziarie ma anche legami affettivi, amicizie influenti, accordi con le autorità civili e religiose, il contesto storico-sociale tra XVI e XIX secolo.
Il contenuto spazia da mappe catastali di vigneti a bolle imperiali, da libretti delle scosse del frumento a tomi originali del ’600 e ’700. Inoltre è documentata la vita materiale, come i rapporti socio economici nelle campagne, le colture, i contratti agrari, gli aspetti della vita militare, artistico culturale dei castelli e delle fortificazioni della valle. A ciò si affiancano aspetti connessi a edifici religiosi quali Sant’Alberto di Butrio (Ponte Nizza) e la Pieve di San Zaccaria (Ca’ Nova).