La vita non ha fine
di Maria Pia e Gianni Mussini
Ogni giorno Cecilia, la figlia “tedesca” di Gianni e Maria Pia, prende la bici con tanto di carrello e, per le comode ciclabili di Monaco di Baviera, si fa 5 chilometri per portare sua figlia Miriam dalla “Tagesmutter”: una di quelle signore che, grazie a una convenzione con il Comune, accolgono un piccolo gruppo di bambini. Un nido in cui Miriam si è già fatta degli amichetti, oltre a prendere dalla “Mutter” un tipico accento bavarese. A proposito, parla anche italiano con la mamma e spagnolo con il papà messicano, ma quando fa i capricci dice solo «nein»…
La settimana scorsa si è beccata una bella influenza e Cecilia ha mandato un S.O.S. ai genitori. In un attimo Gianni e Maria Pia hanno valicato il San Bernardino raggiungendo Monaco attraverso la Svizzera.
Così i nonni hanno fatto i nonni, anche se Gianni ogni tanto si distraeva portando la cagnolona Kora nei parchi vicini, magnifici in queste settimane di foliage.
Esauriti i giochi più svariati, dal Duplo al Pongo; fatti passare tutti i libri illustrati della casa; recitata ogni possibile filastrocca (in un vecchio album di Richard Scarry Miriam ha scoperto l’omino di panpepato)… alla fine i nonni si sono rassegnati a qualche mezzora di televisione, ben vigilati però dalle consegne di Cecilia, che quanto a rigore – come dice Gianni – è «più crucca dei crucchi».
Il pezzo forte è stato il dvd di Coco, la magnifica animazione Pixar della Disney. Il protagonista, Miguel, è un ragazzino messicano con la musica nel sangue: ma la sua famiglia lo ostacola severamente. Durante la festa dei morti egli riesce, per un miracolo di quelli che accadono nelle fiabe, a penetrare nel mondo dei defunti: un mondo scintillante di musica e colori, dove però scopre un doloroso segreto familiare – legato proprio alla musica – riuscendo infine a ricomporre la storia e l’unità della famiglia. E facendo in modo, soprattutto, che un trisavolo dimenticato possa continuare a vivere nel ricordo dei suoi cari.
Proprio famiglia e culto dei morti sono due pilastri della cultura messicana, tanto che per la notte tra il 1° e il 2 novembre anche Cecilia e suo marito Octavio hanno preparato la “ofrenda”, un altare dedicato ai familiari che non ci sono più: allo scopo, procuratesi le foto dei bisnonni, le hanno esposte accompagnandole con i cibi che loro apprezzavano (e che vengono mangiati in famiglia il giorno dei morti), così che anche Miriam cresca rispettosa di questa tradizione.
Noi i morti li ricordiamo soprattutto con la preghiera, nella logica della Comunione dei santi che abbatte ogni confine tra noi e loro. Ma la nostra cultura secolarizzata, che rigetta l’idea della morte e tende a chiuderla nel privato eliminandone ogni imbarazzante asprezza, potrebbe giovarsi di un’iniezione di fiduciosa allegria: la vita non ha fine.
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