L’abbazia che non c’è più
1300 anni fa veniva fondata San Pietro di Precipiano, alle pendici del Montespineto, seconda sosta del corpo di Sant’Agostino durante la traslazione. Oggi quel che resta dell’antico cenobio è all’interno del parco di Villa Cauvin
Tra gli anniversari storici che segneranno il 2022 appena iniziato, non può essere dimenticata la fondazione del monastero di San Pietro di Precipiano, avvenuta secondo la tradizione, avvallata da diversi storici locali, nel 722.
Nasce come gemmazione della prestigiosa abbazia di Bobbio alla confluenza del Borbera con lo Scrivia, alle pendici del Montespineto, in una località insieme strategica e suggestiva.
Posta sotto l’egida della dinastia reale longobarda come la casa madre bobbiese, portò fiera fino al suo tramonto la coscienza della sua origine per volontà del Re Liutprando.
La stessa tradizione fissa a Precipiano la seconda sosta del corpo di Sant’Agostino, nel viaggio da Sampierdarena a San Pietro in Ciel d’Oro di Pavia, dove giunse il 28 febbraio. Il monastero sarebbe sorto nel luogo dove sostarono le reliquie del grande Padre della Chiesa, due giorni prima del loro ingresso a Pavia.
Il viaggio di terra, infatti, durò quatto giorni, con tappe di circa trenta chilometri ciascuna: Sampierdarena, Savignone, Precipiano, Casei Gerola, Pavia.
La Translatio Sancti Augustini
Gli storici non sono concordi nel fissare al 722 la “translatio” del sacro corpo e indicano una forbice temporale che va dal 716 al 726, con diverse ipotesi. Lasciando a lato questa diatriba, è importante sottolineare come l’abbazia di Precipiano venga a trovarsi collegata alla più grande operazione politico-religiosa della monarchia longobarda. Liutprando riscattò le reliquie di Sant’Agostino, conservate ai suoi tempi a Cagliari per timore che cadessero in mano araba e le fece trasportare solennemente a Pavia, capitale del regno. Il sovrano che si firmava “Rex christianus et catholicus”, desiderava accreditarsi sempre più presso la Sede Apostolica, come pure di sanare la secolare frattura che attraversava il suo regno; infatti i sudditi romani di fede nicena continuavano a guardare con sospetto i longobardi per la loro radice storica legata al cristianesimo ariano, mettendo in atto una forte resistenza culturale e identitaria che coinvolgeva diocesi e clero e che porterà, nei decenni successivi, a una sempre maggior simpatia verso il regno franco.
La deposizione del corpo di Sant’Agostino nella chiesa pavese di San Pietro in Ciel d’Oro, la scelta dell’approdo alla Cella di Sampierdarena e la fondazione dei due monasteri di Savignone e Precipiano, sui luoghi delle soste del sacro corpo, intitolati a San Pietro, sono tutti segni di un disegno orientato alla “captatio benevolentiae” della sede apostolica. Sarebbe stato più logico, in una chiave solo devozionale, che le nuove fondazioni portassero il titolo di Sant’Agostino o lo assumessero in relazione al suo passaggio, qualora già esistenti.
Il cenobio di Precipiano andò sempre fiero della sua fondazione regia e nel mosaico del pavimento, visibile ancora a inizio 800, riportava la scritta “Liutprand rex longobardorum”, già menzionata in un documento del 983.
I secoli dello splendore
Posto sotto l’autorità del vescovo di Lodi, sede tradizionalmente fedele alla monarchia longobarda, pur essendo in territorio della diocesi di Tortona, che era invece avversa ai re longobardi, fu oggetto di una lunga disputa giurisdizionale, finché nel 1157 Adriano IV lo assegnò definitivamente al vescovo di Tortona Oberto; l’assegnazione, contestata dai monaci, fu riconfermata nel 1162, sia come giurisdizione ecclesiastica sia come possesso civile. Il 9 giugno 1196 il Papa Celestino III porrà l’abbazia di Precipiano sotto protezione della Sede Apostolica, confermando il possesso dei suoi beni, che si estendevano prevalentemente nella media valle Scrivia, dal passo dei Giovi alla Val Borbera, con interessanti appendici in Lomellina a Gambarana e Sartirana.