L’Aic racconta storie di speranza

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L’esperienza di Marius e Camara, un rumeno e un africano, giunti in Italia da “clandestini”

SALE- Il viaggio come “inizio di una nuova vita” fatta d’incontri, prove, speranza, condivisione di pezzetti di mondi e di voglia di integrarsi attraverso la ricerca di una stabilità sociale e occupazionale: è volata così, tra i racconti di chi ha narrato la propria storia e le riflessioni del pubblico – fra cui quella del consigliere provinciale Cristian Scotti – la serata dedicata ai volti dell’immigrazione organizzata dall’Associazione Impegno Culturale (Aic). Il dialogo, ospitato nei locali del Teatro Sociale Soms e moderato da Alessandra Dellacà, ha visto protagonisti Marius Alexander Anton e Abdulaye Mohamed Camara: il primo è originario della Romania e fa l’autista di pullman di linea nell’Alessandrino, il secondo è della Guinea e si occupa del montaggio di mobili in una grande realtà commerciale del Pavese. Mancava all’appello il senegalese Malik Dieng, occupato in un’azienda agricola di Isola Sant’Antonio: finito al pronto soccorso dell’ospedale di Tortona in mattinata, non è riuscito a essere presente la sera, anche se si è prontamente ripreso. I due intervistati hanno spiegato le motivazioni che li hanno portati in Italia e a Sale: Marius è arrivato in automobile coi propri genitori quando aveva 18 anni per raggiungere la sorella che abitava già in Bassa Valle Scrivia. Questo giovane uomo di 38 anni, che nel suo Paese si era diplomato perito elettrotecnico e che non è mai riuscito a trovare un impiego per quello per cui aveva studiato, ha vissuto nella condizione di clandestino per 2 o 3 anni, finché la Romania non è entrata nell’Unione Europea nel 2007. Marius si è poi sposato con Andreea, sua connazionale che sta per laurearsi in Infermieristica e ha una figlia che si chiama Monica, ha 6 anni e venerdì scorso ha applaudito il papà insieme ai nonni. Abdulaye Mohamed – per tutti Camara, 36 anni – è arrivato in Italia col barcone: è scappato dalla sua terra nel 2015, perché preso di mira dopo aver denunciato illegalità durante le elezioni al suo Paese. Cercava un posto sicuro, all’inizio non aveva in mente l’Italia: ha attraversato Mali, Burkina Faso, Niger, Algeria, un pezzo di deserto. Poi si è imbarcato in Libia e, dopo due giorni e due notti è stato recuperato da una nave Ong e portato a Lampedusa. Ha avuto paura di morire in mare, ma è sopravvissuto e, una volta arrivato in Piemonte e a Sale, ha trovato dei formatori e una famiglia nella grande squadra della Cooperativa Kepos, rappresentata venerdì scorso dal direttore Mauro Pusterla, dall’operatore di accoglienza Roberto Strano e dalla psicologa Susanna Balossino. Camara, che non ha più il papà, ha trovato tanti nuovi amici qui, ma ha lasciato in Guinea oltre a fratelli e sorelle, anche la mamma Patomaka che sente spesso ma dalla quale è difficile tornare. Sia Camara sia Marius hanno ringraziato chi, come la salese Daniela Sicbaldi, che è anche presidente della Soms, li ha aiutati a suo tempo nella scuola di alfabetizzazione prima con l’associazione Verso il Kurdistan di Antonio Olivieri poi con la cooperativa Kepos, così come hanno espresso gratitudine nei confronti di Annabona Cavalli, presidente dell’Aic che ha ribadito come la cifra di quest’associazione di volontari sia proprio l’accoglienza.

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