Latino: bravo il ministro!
Di Ennio Chiodi
“Error, conditio, votum, cognatio, crimen, Cultus disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas. Si sis affinis… antequam matrimonium denunciet…”. Nel secondo capitolo dei Promessi Sposi Don Abbondio – “che uno il coraggio, se non ce l’ha, mica se lo può dare”– vuole rinviare le nozze già fissate tra Renzo e Lucia, perché minacciato dal signorotto don Rodrigo, invaghito della giovane. Ricorre al latino del diritto canonico del tempo. Renzo, semplice ma non stupido, non ci sta: “Si piglia gioco di me? Che vuol che io faccia del suo latinorum?”. La “quaestio”, la questione, parte da lontano: il latino è “gergo” per pochi, usato per emarginare i più umili o radice della nostra lingua, della nostra cultura, di quelle di altri Paesi europei, oggi e nel tempo? I Promessi Sposi sono ambientati attorno al 1630. La pensava come Renzo, ma in pieno ’900, il carismatico capo socialista Pietro Nenni: “Il latino è la lingua dei signori”. Ma Antonio Gramsci, padre del Partito Comunista Italiano, aveva già spiegato che “non si impara il latino e il greco per parlare queste lingue, per fare i camerieri, o gli interpreti, o che so io… ma per conoscere la civiltà dei popoli, la cui vita si pone come base della cultura mondiale”. Il latino sarebbe stato insegnato da sempre nelle scuole medie e superiori, fino all’oblio degli ultimi decenni. Oggi le proposte del ministro Giuseppe Valditara riaccendono un dibattito che finisce, come succede di questi tempi, in scontro politico, ideologico, con scambio di banali accuse. Non è passatista, nostalgico o sovranista, ripensare un percorso scolastico che recuperi, con il latino, un maggiore impegno sulle materie classiche e letterarie, sulla storia dell’Italia e magari su alcuni straordinari passaggi delle Sacre Scritture. Mi capita – per vicende della vita di accompagnare la crescita scolastica di una figlia appena adolescente attraverso varie scoperte: la logica della costruzione della frase latina; l’etimologia che ci fa comprendere il significato delle parole che usiamo tutti i giorni; la magia dei versi di poeti che abbiamo amato; la lettura, con gli occhi di oggi, di quel “C’è un tempo per nascere e un tempo per morire…, un tempo per piantare e uno per sradicare le piante…” di Qoelet, figlio di Davide, Re di Gerusalemme. La formazione che ti accompagna nella vita. Ricordo quando, viaggiando per le terre di origine della mia famiglia, leggevo indicazioni stradali già note: San Martino e Solferino, Curtatone e Montanara, il Piave, la Marmolada e l’Adamello esistevano davvero, non solo sui libri di scuola. E capisci tutto di più, pronto ad affrontare, con adeguati strumenti, la sfida delle “intelligenze artificiali” che possono arricchire la tua intelligenza, senza mai sostituirla.
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