Le note della discordia

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Di Silvia Malaspina

Caro il mio Nicolò Rapisarda, in arte Tony Effe, sei stato protagonista di un’accesa polemica nelle ultime settimane del 2024, in seguito alla tua esclusione dal concerto di Capodanno al Circo Massimo a Roma, voluta del sindaco capitolino Roberto Gualtieri. La motivazione, come dichiarato dal primo cittadino, si basa sui contenuti misogini delle tue canzoni, nelle quali le donne, considerate solo sulla base delle prestazioni sessuali, vengono descritte come sottomesse, maltrattate, insultate. Molti tuoi colleghi ti hanno espresso solidarietà ritirandosi dall’evento, mentre da più parti si sono sollevate voci di aspra protesta verso il gesto di esclusione, bollato come censura. La vicenda si è conclusa a tarallucci e vino: hai tenuto il tuo concerto, ma al Palaeur a Roma, registrando il sold out, e hai dichiarato di voler devolvere il ricavato alla Croce Rossa Italiana. Ti devo confessare, caro Tony, che, a parte il tormentone estivo Sesso e samba, non conoscevo nessuna delle tue canzoni, quindi mi sono presa la briga di leggere alcuni testi: la mia reazione – lo affermo senza voler polemizzare o accusarti – è stata un fisico senso di nausea. Forse le tue canzoni rispecchiano la tua personalità: ho appreso che nel 2021 fosti condannato ai lavori socialmente utili in seguito a una rissa, mentre è notoria la tua diatriba (pardon, dissing) con Fedez, che ha toccato livelli eccelsi. Forse mi sfugge qualcosa, perché sono una boomer totalmente ignorante in campo musicale, però sono amante del bello in tutte le sue forme e le tue canzoni, a mio sindacabile parere, non lo sono e lasciano un senso di disgusto e malessere. La soluzione è censurarti? Direi di no. Il problema coinvolge il mondo dei nostri ragazzi: se nella tua breve carriera hai totalizzato 16 dischi di platino e 15 dischi d’oro, significa che hai un seguito enorme. Il tuo giovane pubblico non smetterà di ascoltarti solo perché un sindaco ti ha negato un’esibizione. Caro Tony, tu cavalchi spavaldo quest’onda machista che ti porta soldi a palate e moltissima visibilità: a noi adulti non spetta la censura, ma la comprensione e il dialogo. Dovremmo smetterla di incolpare qualcun’altro: è troppo comodo affermare che i giovani ascoltano musica con testi violenti perché la scuola, le autorità, i vigili urbani, la protezione civile non intervengono con pugno di ferro; non è con atti di forza che cambieremo questa concezione. Si potrebbe invece chiedere ai nostri figli: «Queste ti sembrano situazioni rispettose della dignità di una persona? Tu vorresti essere trattata in questo modo?». Forse i gusti cambieranno e ritorneremo al bel canto.

silviamalaspina@libero.it

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