Le soluzioni per arrivare alla pace esistono. Eccome
La guerra in Ucraina ha fatto registrare nelle ultime settimane una vera e propria escalation per il numero di morti, il susseguirsi di attacchi e operazioni belliche, le polemiche sull’invio dei carri armati Leopard. E si profila lo spettro dell’uso di armi atomiche. Ma mentre tutti parlano di queste cose, noi pensiamo che una via di uscita ci possa ancora essere
di Marzo Rezzani
Mentre si alza sempre accorata la voce di Papa Francesco nel chiedere ogni sforzo per raggiungere la pace in Ucraina e nei tanti teatri di conflitto sparsi per il mondo, la guerra nel cuore dell’Europa (iniziata il 24 febbraio 2022 con l’invasione russa ma in corso dal 2014) non accenna a far registrare nessuna, seppur minima, tregua. Anzi, nell’ultima settimana le cronache dal fronte stanno registrando una vera e propria escalation.
In particolare, dopo giorni di tentennamenti, è arrivata la conferma che la Germania invierà a Kiev i suoi carri armati Leopard. Un aiuto giungerà anche da Washington: il presidente Joe Biden ha annunciato la spedizione in Ucraina dei tank Abrams M1. Il dispiegamento di questi mezzi potrebbe diventare “la svolta che metterà Kiev in condizione di vincere la guerra”, afferma in un’intervista a Repubblica l’ex ambasciatore americano alla Nato, Kurt Volker.
Da settimane il presidente ucraino Volodymyr Zelensky chiedeva nuovi rinforzi militari da schierare sul campo. Così come da tempo si parla di una grande offensiva che i russi lancerebbero in primavera. Per questo – chiarisce lo stesso Volker – “l’invio dei carri è fondamentale per tentare di respingerla”. Kiev starebbe poi valutando la “controffensiva, tra primavera ed estate, per tagliare il corridoio di terra che mette in comunicazione i territori occupati dalla Russia e la Crimea”. Da qui il “bisogno di armamenti pesanti per farlo”.
Come si apprende da una nota della cancelleria tedesca, Berlino ha anche autorizzato i suoi partner a inviare altri Leopard. Per Spiegel sarebbero 80 i tank inviati dagli alleati europei, in due battaglioni di 40 veicoli.
La pace sembra dunque essere molto lontana. Ma di quale pace stiamo parlando?
È questo un tema che occupa poco spazio nell’informazione, tutta concentrata sulle cronache dal fronte, ad eccezione di alcune testate, tra le quali spicca Avvenire che ha cercato di riflettere sulle possibili condizioni per una pace duratura e sostenibile.
Diverse voci – associazioni, intellettuali, esperti di diplomazia – si sono levate per proporre alcuni scenari per una soluzione del conflitto.
Per esempio l’appello di 11 personalità della Letteratura, della Filosofia, della Ricerca storica, della Sociologia e del Diritto come Antonio Baldassarre, Pietrangelo Buttafuoco, Massimo Cacciari, Franco Cardini, Agostino Carrino, Francesca Izzo, Mauro Magatti, Eugenio Mazzarella, Giuseppe Vacca, Marcello Veneziani e Stefano Zamagni. L’iniziativa si aggiunge a quella di oltre 40 ex diplomatici italiani. Senza dimenticare l’appello di Micromega, rivista italiana di approfondimento culturale e politico diretta sin dalla sua fondazione da Flores d’Arcais. Su tutte, la proposta della Santa Sede, che dall’inizio del conflitto è pronta per un’iniziativa di pace anche sul campo. Concetti ribaditi dal Segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali Mons. Paul Richard Gallagher a margine della conferenza promossa da Comunione e Liberazione sul tema La profezia della pace presso la Pontificia Università Urbaniana. L’arcivescovo ha affermato che la Santa Sede è attiva «a parlare, a discutere, a incontrare persone in Vaticano, a ricevere delle visite di ambasciatori», con il Papa che «parla continuamente della guerra» e che quello che bisogna fare è «creare una nuova cultura di pace e creare strutture che possano promuoverla in Europa».
Ma quali potrebbero essere concretamente i punti salienti su cui discutere a un ipotetico tavolo delle trattative?
Esiste, insomma, qualche via d’uscita?
Mentre tutti parlano di operazioni, strategie e tattiche militari; mentre centinaia di giovani soldati (ucraini e russi), di bambini, di civili, continuano a morire; mentre si profila lo spettro di una guerra atomica… vi raccontiamo quali sono, a oggi, le ipotetiche soluzioni per un autentico “cessate il fuoco”.
1 Cambiare lo Statuto dell’Onu
È il primo obiettivo cui si deve tendere: il ripudio della guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti attraverso la predisposizione di strumenti efficaci di difesa dell’aggredito. A tale riguardo, occorre modificare lo Statuto dell’Onu nel senso di cancellare il diritto di veto finora concesso ai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. Esso equivale a un diritto di monopolio.
2 Neutralità dell’Ucraina
Il Paese guidato dal presidente Zelensky deve rinunciare all’ambizione nazionale di entrare nella Nato, conservando la piena libertà di diventare parte dell’Unione Europea. Una risoluzione dell’Onu va adottata per assicurare meccanismi di monitoraggio internazionali per il rispetto degli accordi di pace.
3 Garanzia di sovranità
L’Ucraina ottiene la garanzia della propria sovranità, indipendenza e integrità territoriale. Una garanzia assicurata dai cinque membri permanenti delle Nazioni Unite (Cina, Francia, Russia, Regno Unito e Usa), oltre che dall’Unione europea e dalla Turchia.
4 Crimea
La Russia mantiene il controllo de facto della Crimea per un certo numero di anni ancora, dopodiché le parti per via diplomatica cercano di arrivare alla definizione di uno status permanente. Le comunità locali usufruiscono di un accesso facilitato sia all’Ucraina sia alla Russia, oltre ad aver garantita la libertà di movimento di persone e di risorse finanziarie.
5 Autonomia di alcune regioni
Le regioni di Lugansk e Donetsk, pur rimanendo parte integrante dell’Ucraina, sono autonome dal punto di vista economico, politico e culturale.
6 Porti
Viene garantito a Russia e Ucraina l’accesso ai porti del Mar Nero, per lo svolgimento delle normali attività commerciali.
7 Rimuovere le sanzioni
Le sanzioni occidentali alla Russia vanno rimosse in parallelo al ritiro delle truppe e degli armamenti russi in terra ucraina.
Più generale, anche in un’ottica di prevenzione di conflitti futuri in altre zone del mondo, è urgente la definizione a livello internazionale di una nuova regolamentazione sulle sanzioni. L’idea infatti di fare la guerra con mezzi economici è antica (assedio, blocco navale, ecc.), ma oggi la deterrenza economica non funziona più per prevenire i conflitti o per farli cessare. Primo, perché sono un’arma a doppio taglio, dato che danneggiano anche chi le introduce. Secondo, perché più vengono usate, più le sanzioni perdono efficacia, dato che i Paesi si adattano a resistere a esse.
8 Ricostruzione
È da mettere in cantiere la costituzione di un Fondo Multilaterale per la Ricostruzione e lo Sviluppo delle aree distrutte e seriamente danneggiate dell’Ucraina, al quale la Russia è chiamata a concorrere sulla base di predefiniti accordi di proporzionalità.
9 Riduzione degli armamenti
È improcrastinabile far decollare un piano volto alla riduzione bilanciata degli armamenti e bloccare la proliferazione delle testate nucleari. La spesa militare del mondo è di circa 2 trilioni di dollari all’anno, quasi il 10% in più rispetto a un decennio fa. Si tratta di espandere il Trattato sul Commercio internazionale di armi convenzionali (Att), approvato nel 2013 e ratificato nel 2020 da Ue e Cina, ma non dagli Usa né dalla Russia.