«Loro hanno bisogno di voi»
È tortonese il fondatore del gruppo di volontariato “Amici del 4° piano”: Alessandro Baldi racconta come aiuta i bambini dell’Oncoematologia pediatrica del “San Matteo” di Pavia
«Se nessuno fa nulla questa morte rimarrà vana, se invece facciamo qualcosa per gli altri almeno avrà un senso». La morte è quella di un bambino mancato improvvisamente a tre anni. Le parole sono di Alessandro Baldi, classe 1976, tortonese, laureato in Economia e commercio, con un impiego all’Eni di Milano. Lui da quella morte di un figlio di amici cari ha visto generarsi un orizzonte di speranza, di impegno a favore dei più fragili, di una vita dedicata al volontariato.
«La vicenda di questo bambino – racconta Alessandro – mi ha cambiato la vita, mi ha proiettato in un mondo diverso. Mi son detto: devi fare qualcosa, non puoi rimanere fermo. Mi sono dato da fare e con un gruppo di amici abbiamo adottato a distanza una decina di bambini della missione di Laare in Kenia, a nord di Nairobi, in memoria del piccolo, proprio per provare a dare un senso a un dolore così straziante. Quest’esperienza, partita nel 2011, dura tuttora. Oltre alle adozioni, inviamo anche libri e materiale scolastico. Là la scuola è fondamentale: i bambini possono certo imparare, ma andare a scuola significa per loro avere la garanzia di almeno un pasto al giorno. Tra il 2016 e il 2017 ho anche trascorso due settimane sul posto e ho di quei giorni il ricordo di un’esperienza incredibile e ricca di colpi di scena, di un’attività, quella delle Piccole suore Missionarie della Carità dell’Opera Don Orione, sempre continua e straordinaria pur di non far mancare nulla ai piccoli».
Ma per Alessandro ci voleva anche qualcosa d’altro. «Io sono fatto così – continua – avevo deciso che volevo un po’ cambiare il mondo, o meglio renderlo nel mio piccolo un po’ migliore. Pur amando l’Africa, mi mancava la concretezza di operare sul campo, del fare.
Tornato a casa ho cominciato a indagare varie possibilità di volontariato, ma nessuna mi ha veramente soddisfatto. E allora sono giunto alla convinzione che dovevo costruire un mio modo di farlo».
Ed è da qui che parte la bella avventura del gruppo degli “Amici del 4° piano”. Il quarto piano è il reparto di Oncoematologia pediatrica del policlinico “San Matteo” di Pavia.
«Per caso – aggiunge Baldi – un’amica di famiglia mi ha parlato della realtà dell’Oncoematologia pediatrica del “San Matteo” dove nel 2013 mancava del tutto la presenza del volontariato soprattutto per quanto riguardo l’aspetto ludico-ricreativo. Mi ha consigliato di provare un giorno ad andare in reparto e di confrontarmi con le maestre che quotidianamente assicurano il servizio scolastico ai piccoli degenti. Di quella prima volta mi rimane il senso di un approccio molto difficile, con un po’ di comprensibile diffidenza delle mamme e del personale del reparto volta alla tutela e alla protezione di pazienti così fragili.
Riuscii a stabilire un rapporto con un solo bambino con la scusa di riparare un gioco.
Nelle settimane successive le cose pian piano sono cambiate e poco per volta sempre più bambini hanno iniziato a relazionarsi con me. La cosa più difficile è entrare nelle camere, è come invadere la loro casa, è impegnativo invitarli a uscire. Mi sono fatto due anni così, in un processo di conoscenza e di coinvolgimento che è andato crescendo. Porto nel cuore una bambina rumena, Cezara, ora ragazza e perfettamente guarita, con la quale abbiamo iniziato a fare tante attività, tra cui il giornalino del reparto con lei come inviata interna. Un’esperienza bellissima».
Essere da solo non bastava, non era ancora il modello giusto per l’idea di volontariato che aveva in testa Alessandro.
«Dopo questi due anni da solo, in cui purtroppo mi sono dovuto confrontare anche con la morte innocente di alcuni bambini e quindi con un forte stress psicologico, sono arrivato alla decisione, supportato dalla psicologa del reparto Elisa Accornero, di dover creare qualcosa di più strutturato. E così è nato il gruppo degli “Amici del 4° piano”, nome trovato insieme a Cezara.
Nella parola “amici” c’è in fondo il significato più vero del nostro lavoro: essere vicini ai piccoli pazienti e alle loro famiglie. Attualmente siamo in 23 e facciamo parecchie attività».
Due sono fondamentali. L’attività ludico-ricreativa in reparto è la principale e si svolge due, tre volte alla settimana e nel weekend tutto il sabato, al mattino e al pomeriggio.
I piccoli pazienti vengono fatti giocare, disegnare, sono coinvolti nella preparazione di lavoretti. In reparto vengono invitati personaggi che fanno animazione e in questo contesto si inseriscono ad esempio la collaborazione con la scuola robotica di Genova e quella con “Amazon” che ha donato buoni per l’acquisto di materiale per le famiglie bisognose.
La seconda attività si chiama “Affiancamento” e consiste nell’andare al domicilio di alcuni bambini che sono in cura, ma possono restare a casa, oppure da altri che sono guariti con necessità di integrazione. Vengono inviati due volontari per famiglia che si occupano di far giocare i ragazzi, come pure di aiutarli nello svolgimento dei compiti.
«Il nostro ruolo – chiarisce ancora Alessandro – è anche di ascoltare, dare consigli. Spesso diventiamo un punto di riferimento, soprattutto per chi è straniero o proviene da zone lontane dell’Italia. Oltre a queste attività, seguiamo alcune raccolte fondi a favore del reparto. Mi piace segnalare la “Fabbrica delle cellule staminali” del “San Matteo” che produce preparati cellulari che servono a prevenire le recidive a seguito soprattutto dei trapianti di midollo osseo.
È una realtà svincolata da qualsiasi interesse legato al mondo delle aziende farmaceutiche. Dal laboratorio di Pavia escono farmaci che vanno direttamente in reparto, senza alcun passaggio intermedio».
Sempre “Amazon” ha donato 35 mila euro per il programma di terapia cellulare anti-leucemia della Cell Factory del policlinico, uno dei pochi laboratori italiani, focalizzati nella cura del paziente oncoematologico e autorizzati dall’Aifa, l’Agenzia Italiana del Farmaco, alla produzione sterile ad uso farmacologico di prodotti di terapia cellulare che ha registrato importanti risultati clinici.
Ora purtroppo è arrivato il Covid a cambiare le carte in tavola. «Abbiamo dovuto abbassare la saracinesca tradizionale e sospendere l’attività in reparto, ma ne abbiamo tirata su un’altra.
Ci siamo uniti ad altre tre o quattro realtà che hanno scelto di collaborare e abbiamo costituito il gruppo “Noi con voi”, scegliendo di rispondere alle necessità degli ospedali anti Covid. La capofila è l’associazione “Trapiantami un sorriso” del “San Matteo”. I reparti ci dicono quali sono le esigenze e noi provvediamo all’acquisto del materiale. Sono arrivate tante richieste come respiratori, mascherine, tute. La gente ha risposto in massa e la generosità è stata davvero imponente. In questi mesi abbiamo anche continuato il supporto al quarto piano, un supporto a distanza non meno affettuoso e generoso. Contestualmente all’emergenza degli ospedali, è arrivata anche quella nelle famiglie. Ne abbiamo aiutate tante, a Tortona e in altri centri della provincia di Alessandria e di Pavia».
Tra i progetti futuri di Alessandro e dei “suoi” l’avvio, quando sarà passata l’emergenza, di attività particolari come l’ippoterapia, la pet therapy, la cucina per i pazienti oncologici che rientrano a casa. Per Natale, il gruppo realizzerà il tradizionale calendario (questa volta con i disegni natalizi dei bambini) che verrà distribuito per raccogliere fondi.
Gli “Amici” sono presenti su Facebook e su Instagram dove si possono conoscere le varie attività e le modalità per un sostegno concreto.
«Cosa ti rimane quando torni da Pavia dopo una giornata trascorsa in reparto?», chiedo al termine dell’intervista.
«La soddisfazione più grande – confessa – è aver portato un po’ di normalità nella vita di quei bambini e delle loro famiglie. Insieme a un po’ di speranza. Quella che sento quando ripenso alla vicenda di Aurora Franzè. Dopo un calvario di cinque anni ha dovuto arrendersi. Nel 2019 abbiamo deciso di istituire in suo nome un “Premio di studio” con l’università di Pavia che è stato assegnato a una tesi proprio nel campo dell’oncoematologia.
La cosa più bella e commovente me l’ha detta la mamma di Aurora, pure lei ammalata di tumore e oggi guarita: grazie a questo premio in memoria di mia figlia sono riuscita a ritrovare il senso alla mia vita. La testimonianza di Aurora non è andata persa».
Marco Rezzani