Ma l’amore che cos’è?

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Generalmente non mi viene richiesto aiuto nello svolgimento dei compiti scolastici, prevalendo l’orgoglio dell’adolescente che “non deve chiedere mai”, ma, complice la svogliatezza causata dalla fine imminente della scuola, la ragazza mi si rivolge con aria affranta: «Vieni un po’ a vedere: devo rispondere ad alcune domande su una poesia, ma non sono capace, non ci capisco niente!». Mi aspettavo un canto dell’Odissea e invece ecco la poesia di Jacques Prevert “I ragazzi che si amano”: «Non mi sembra un testo difficile, cos’è che non ti è chiaro?».

«Ma sì, ’sti qua che si baciano per strada e tutti li guardano contenti… ma ti sembra possibile?». Adesso sono io che non capisco: «Il poeta vuole dire che i ragazzi innamorati suscitano tenerezza: se io vedessi due ragazzi che si baciano, sorriderei, perché quel genere di amore così infuocato si prova solo nell’adolescenza». Mi guarda di sbieco: «Ma no, che schifo! Che bisogno c’è di esibirsi davanti a tutti? A me non piace vedere la gente che si bacia». Insisto: «Questa è una poesia, la realtà viene idealizzata». Non mi sembra convinta, ma alla fine risponde alle domande assegnate e la questione pare archiviata, se non che, dopo un paio di giorni, si palesa la tragedia: «Non ci posso credere! Devo comporre una poesia sull’amore! Ma cosa scrivo? Aiutami!». «Scrivi quello che senti»; sguardo di disperazione: «È quello il problema: io non sono innamorata, cosa mi invento?» e parte con il consueto incessante borbottio di disapprovazione, per poi decretare dopo pochi minuti: «Ho trovato! Scrivo: “L’amore? Io nulla ne so, per me adesso an-che no, quindi su da doss”. Ti piace? Ho fatto anche la rima baciata! Sembra un po’ “Ed è subito sera”: dritta al punto e concisa». Credo che il povero Salvatore Quasimodo si stia rivoltando nella tomba e ho la netta sensazione che mi stiano scappando i cavalli nel prato, ma trattengo le briglie: «Dai, prova a scrivere qualcosa in più: se questo è ciò che pensi, va bene, ma giraci un po’ attorno e non mettere espressioni dialettali». Sconsolata, abbassa il testone e si mette al lavoro con un’abnegazione… nemmeno dovesse scrivere la dimostrazione della teoria della relatività. Dopo più di un’ora di evidente sofferenza anche fisica, il sublime componimento lirico, di ben 10 versi, è stato vergato, ma la conclusione, come sempre, è spiazzante: «Sai cosa ti dico? Tutta ’sta faccenda sull’amore mi sembra una gran fregatura! Quasi quasi cambio la poesia, potrei fare la rivisitazione di “Chiare fresche dolci acque”: “Chiare fresche clorate acque del mio cuor, siete voi il mio vero unico amor”, che ne dici?». Mi sovviene un ritornello che cantava mia nonna: «…non vivevi senza me, ahi l’amore, che cos’è?».

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