Maestri per dieci minuti

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Di Davide Bianchi

Sono circa sei o sette anni che collaboro con l’Unitre di Broni. È una bella realtà del nostro territorio e la sua sede è situata presso il Centro Culturale Polifunzionale della città. Ogni anno tengo un breve corso di Filosofia: abbiamo iniziato con i presocratici e, passando per Platone, Aristotele, l’ellenismo, Plotino, fino ad Agostino e san Tommaso, ci occuperemo a febbraio 2025 del pensiero cosmologico e naturalistico del Rinascimento. La direttrice, Graziella Moroni, ora in pensione, è stata una collega, abbiamo alcune care amiche in comune, e adesso gestisce questa associazione, insieme alle altre volontarie, con un entusiasmo, una dedizione e una competenza esemplari. L’anno scorso Graziella ebbe un’intuizione geniale: mi propose di coinvolgere la classe nella quale insegnavo, ai tempi una quinta elementare, in un’iniziativa che consisteva nel far esporre ai ragazzi in pubblico un paio di argomenti a nostra scelta, proprio presso la sede dell’Unitre. Luisa e io lavorammo per un mesetto circa con la classe preparando rispettivamente una lezione di astronomia in inglese e una di epica sull’Odisseadi Omero. Così, il giorno stabilito ci recammo con il gruppo presso la loro sede, e lì i ragazzi tennero, uno a uno, a turno, la loro lectio magistralisall’interno di una sala gremita. Successone, applausi a scena aperta e merenda finale gentilmente offerta dallo staff della direttrice della scuola. Ora, che l’iniziativa di per sé sia carina, non ci sono dubbi, è evidente. Ma il senso di questa operazione è provare a dar loro la possibilità di capovolgere lo schema classico al quale sono da sempre agganciati, proprio sperimentando cosa significhi essere docenti almeno per dieci minuti. Dare cioè ai bambini la chance di parlare in pubblico, esporre quello che hanno imparato e spiegare cosa sanno fare, presentarsi dicendo chi sono davanti a una sala colma di persone completamente sconosciute. Mettersi in gioco, misurarsi con le proprie emozioni, avere anche un po’ di ansia, raccontarsi aprendosi agli altri: sono tutte esperienze forti, importanti, significative, che restano; sono cose che vanno fatte. L’anno prossimo sarà il turno dei nostri alunni di seconda. Sono forse ancora troppo piccoli per un’esperienza del genere? Conoscendoli, direi che sono pronti a prendersi la scena. Non sappiamo quali argomenti faremo esporre in pubblico, ma sappiamo per certo che saranno all’altezza, e che il gioco vale la candela.

biadav@libero.it

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