Noi abbiamo bisogno di S.
Di Davide Bianchi
Erano mesi che volevo parlarvi di S., ma ho atteso il momento propizio perché come in tutte le cose è necessario che i tempi siano maturi e che certe dinamiche si assestino. S. è un bambino nato da genitori nigeriani e parla un discreto italiano, ma soprattutto un buon inglese date le sue origini. La Nigeria, dal 1901 è stata prima un protettorato e successivamente una colonia del Regno Unito sino al 1960, anno della sua indipendenza, ma la lingua ufficiale del Paese è ancora oggi l’inglese. S. è infatti in grado di interloquire discretamente in questa lingua nonostante l’intonazione, il ritmo di scansione dei vocaboli e la loro pronuncia siano spesso diversi rispetto all’inglese britannico e americano. A volte sono costretto a farmi ripetere da lui alcune frasi preferite proprio perché determinate vocali sono pronunciate in modo differente, o comunque acquistano un suono leggermente più largo e arrotondato. Comunemente si ritiene che l’inglese parlato in Nigeria sia generalmente una versione semplificata e africanizzata di quello britannico e americano e che per questa ragione sia da derubricare a una forma di broken English o pidgin English, ossia una lingua derivante, grammaticalmente e semanticamente semplificata come mezzo di comunicazione tra due o più gruppi di persone che non hanno un idioma in comune. Personalmente non condivido totalmente questa versione, e credo che nel corso degli anni l’inglese parlato in quei Paesi si sia evoluto e che tutt’ora sia in evoluzione raggiungendo una propria cifra identitaria sul piano sia morfosintattico sia linguistico-culturale. Tornando a S., una cosa che non vi ho detto di lui è che è un alunno diversamente abile ed è supportato da un’insegnante di sostegno. Dall’anno scorso S. ha fatto enormi progressi e durante le ore di Matematica lavora quasi sempre con noi in classe: infatti, ha delle spiccate abilità nel calcolo, è perfettamente incluso e inserito nel contesto della didattica in inglese proprio perché conosce e usa la lingua e inoltre partecipa alle attività in maniera costruttiva e puntuale, palesando sempre un certo entusiasmo e desiderio di essere parte attiva del gruppo di lavoro. S. è un valore aggiunto, ragazzi; e lo dico senza fare la solita edulcorata retorica e a volte ipocrita demagogia sull’inclusione e la presenza in classe, a tutti i costi e in tutte le materie, degli alunni disabili. In questa fase la sua partecipazione in classe è funzionale e si fa sentire positivamente, e ciò è un qualcosa di cui siamo noi ad avere bisogno.
biadav@libero.it