«Noi porte vive di carne e di cuore!»

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Giubileo della Comunicazione a Roma dal 24 al 26 gennaio: la riflessione di don PaoloPadrini direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali diocesano

Siamo ormai sulla soglia della porta santa che si spalancherà verso l’esperienza viva del Giubileo. Una porta fisica, che varcheremo in questo anno così importante, ma anche il segno di altre porte, chiamate a diventare “sante”, non fatte di bronzo o di legno, ma di carne e di cuori.

Ogni nostra relazione quotidiana, come ricorda spesso il Santo Padre Francesco, è chiamata ad essere come una porta, da tenere aperta; una porta attraverso la quale tutti possano passare per incontrare il Pastore Gesù Cristo. E’ un fatto che molte delle nostre relazioni trovino nei social network e nei media digitali luoghi di espressione significativi. Con tutte le considerazioni già note e tutte le cautele del caso, è palese che i media digitali rappresentino ormai una componente importante del grande “spazio vitale” nel quale viviamo, esistiamo, operiamo e ci relazioniamo quotidianamente con gli altri.

Parlare di “sfide” in relazione al mondo digitale, considerando la sua veloce evoluzione è sempre vero; ma più che intenderle quasi fossero qualcosa con cui rapportarsi esclusivamente con uno sguardo tecnico (e quindi rinunciando a qualsiasi approfondimento anche critico) o diversamente quali potenziali pericoli “a prescindere” con i quali combattere una sorta di illusoria “battaglia in difesa”, l’atteggiamento da mantenere in termini più positivi e stimolanti, dovrebbe essere altro: quello di un impegno ordinario, profondo ed evangelico, per realizzare sempre nel nostro modo di comunicare, anche confrontandosi con equilibrio con le novità che la tecnologia ci offre, l’espressione concreta della nostra fede.

Ogni giorno siamo chiamati a “dare testimonianza” vivendo la fede all’interno delle nostre relazioni e dei luoghi che le ospitano. Ancora più all’interno del cammino giubilare che stiamo per iniziare tale impegno non può non diventare attenzione particolare, testimonianza speciale, responsabilità impellente.

Se il Giubileo è tempo di grazia, a noi il compito di non fuggire ma di viverlo con slancio e fiducia. Ma come siamo chiamati perciò a vivere il Giubileo, anche nei “luoghi digitali”, in questa prospettiva?

Due sono i temi dai quali è possibile partire. Due concetti legati, fondativi per l’esperienza giubilare, così come scaturisce dalla sua fondazione biblica. Due dimensioni da sottolineare all’interno della esperienza che saremo chiamati a vivere nel “nostro” Giubileo: liberazione e responsabilità. Il Giubileo, lo sappiamo, è letto e vissuto come esperienza di liberazione, o meglio, come atto di affidamento al Dio che libera.

«Conterai sette settimane di anni, cioè sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni. Al decimo giorno del settimo mese, farai squillare la tromba dell’acclamazione; nel giorno dell’espiazione farete squillare la tromba per tutto il paese. Dichiarate santo il cinquantesimo anno e proclamate la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia» (Levitico 25, 8-10).

Di fronte alla certezza che tutto è dono di Dio e dono dato a tutti, la liberazione giubilare – pur in una sua dimensione utopica – doveva essere garantita per “legge divina”, una legge sacra data da Dio per la liberazione del popolo. Dice ancora il Levitico.

«Poiché è il Giubileo; esso vi sarà sacro; potete però mangiare il prodotto che daranno i campi. In questo anno del Giubileo, ciascuno tornerà in possesso del suo. Quando vendete qualche cosa al vostro prossimo o quando acquistate qualche cosa dal vostro prossimo, nessuno faccia torto al fratello» (Levitico 25,12-14).

Se Dio vede tutti liberi e pensa ad un mondo come dono per tutti, la risposta dell’uomo – e questo è l’impegno del Giubileo anche oggi – non può che essere l’assunzione di responsabilità, operosa, concreta, vitale. Nelle relazioni interpersonali, e anche nel conseguente uso dei media digitali, l’atteggiamento non può che ispirarsi a questi stessi principi.

Le relazioni tra noi sono in qualche modo uno spazio che Dio ci ha donato come luogo di tutti: un luogo “liberato”, voluto libero dal Creatore, affinché l’uomo vi sperimenti l’accoglienza del Padre che è sempre atto di liberazione. Accogliere l’altro, accettando di entrare – in ogni luogo – in relazione con lui, significa tenere per lui aperto uno spazio di libertà affinché possa incontrare la gioia di essere liberato, salvato, da Dio.

Quando – al contrario – chiudiamo spazi di incontro costruendo i nostri muri, noi stiamo impedendo ai nostri fratelli non solo di avere possibilità di parola o di dialogo umano. Questa sarebbe solo una prospettiva mondana. Quello che rischiamo di fare è ben più grave: è chiudere all’altro le porte della Casa di Dio!

Come fare tutto ciò all’interno dei luoghi digitali? Molte sono le occasioni che abbiamo di riconoscere l’altro come “persona oltre un post”; molte sono anche le occasioni nelle quali la nostra testimonianza cristiana su internet ci deve spingere a fare uscire l’altro da quella sorta di effetto specchio che ci porta spesso a vivere in modo egocentrico e narcisistico la nostra comunicazione sui media digitali. La superficialità nella comunicazione, se è rischio vero per tutti, per noi testimoni digitali deve diventare stimolo ad una comunicazione più profonda; se chi incontriamo ci sembra schiavo di sé stesso o del male che si incontra anche in rete, a noi il compito, l’impegno, la responsabilità, di dare una risposta. Anzi, meglio: di indicare Chi la risposta – quella con la R maiuscola – la può dare; chi con la sua Vita ci può davvero liberare da tutte le schiavitù antiche e moderne.

Vivere l’Anno Giubilare significa, perciò, costruire quotidianamente nei luoghi comunicativi che siamo chiamati ad abitare (per vocazione!) spazi di liberazione, dei quali sentirci responsabili: una responsabilità che alla fine… è nei confronti di Dio e del suo desiderio di tenere sempre le porte aperte.

Le porte sante del Giubileo, quelle vere, quelle fatte di carne e di cuori!

Don Paolo Padrini

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