Non è bello ciò che è bello…

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In quest’ultimo periodo è salita alla ribalta l’eterna questione della definizione dei canoni di bellezza, prendendo spunto dal celeberrimo caso della modella Armine, testimonial di una nota maison di moda nonostante, o forse proprio per, la sua atipicità (il nostro direttore ne ha parlato nel numero del 3 settembre). Ne discuto con la ragazza, che liquida fulmineamente la faccenda: «A me sembra un incrocio tra Morticia Adams ed Elio di Elio e le Storie Tese, però ha un fascino molto particolare. Il suo viso resta impresso: le modelle e le attrici sono tutte uguali, rifatte con lo stampino, come tante vecchie della tua età (amore mio!) che si so-no operate per avere il naso all’insù, gli zigomi da castoro e le labbra a canotto!».

Considerazione sulla senilità a parte, mi trovo totalmente concorde: inseguire una chirurgica gioventù dopo i non meglio precisati “anta” produce un effetto grottesco. Il discorso si amplia e ci avviciniamo pericolosa-mente a uno dei tormenti dell’animo delle adolescenti: il successo, o nel nostro caso l’insuccesso, con l’altra metà del cielo: cosa prediligono i “maschi”? Quali requisiti deve possedere oggi una ragazza per riscuotere ammirazione e mietere spasimanti? È assente da questo consesso la rappresentanza maschile della famiglia, convinta assertrice che a 16 anni l’indice di gradimento delle ragazze presso i maschietti sia determinato non dall’estetica, ma da ben più prosaici e materiali aspetti. La riprova di ciò sembra arrivare dai social: la ragazza mi sottopone, con commenti qui non riportabili, una galleria di fotografie postate da coetanee. Spadroneggiano i primi piani, come direbbe Camilleri, «con la boccuccia stretta, a culo di gaddrina» (absit iniura verbis), seguiti da pose ammiccanti e ritratti a figura intera che ai miei oc-chi risultano pateticamente sensuali. La ragazza elabora una desolata considerazione: «Hai visto? Sembrano tutte bellissime, in realtà poi sono terribili, ma ai maschi piaccio-no e sono tutte molto popolari!» e la tragedia prosegue con un inaspettato risvolto: «Al mare i ragazzi si avvicinavano solo a M., a me e a S. mai nessuno, ma siamo così brut-te?».

La domanda, prescindendo dal fatto che “ogni scarrafone è bello a mamma soja”, è pleonastica, mentre la spiegazione che segue si rivela illuminate: «Solo una volta, sul molo, sono venuti due ragazzi, però brutti, a chiederci se volevamo andare a prendere un gelato e abbiamo risposto: filate via, non è aria! Forse non ci guardano perché siamo un po’ sgarbate e ci comportiamo più come i maschi che come le altre ragazze, tutte “pissi pissi”?».

La risposta è scontata quanto la domanda: le due amiche si sono guadagnate sul campo il soprannome di “zappatori” e non hanno (per fortuna) preso coscienza che è bello ciò che ammalia!

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