Non fermate la Tav. Anche Cavour l’avrebbe voluta
Forse ce l’abbiamo nel DNA una certa avversione al progresso (il proverbio “triste il giorno in cui le carrozze andranno senza cavalli” è duro a morire); forse la modernità ci fa paura. Ma dopo il primo spaesamento sperimentiamo l’efficacia di invenzioni e conquiste tecnologiche: la comodità e la velocità ci fanno piacere. Anzi, ci sono utili. Così, tra 50 anni, quando i nostri nipoti (spero) prenderanno tranquillamente la Tav per viaggiare tra Italia e Francia, nessuno si ricorderà più delle estenuanti discussioni di questi giorni tra Lega e 5 Stelle. È una storia già vista: nell’ultimo libro del nostro professore Giulio Guderzo, “Ferrovie nel Piemonte preunitario” (ed. Hoepli), ho trovato una vignetta satirica che ridicolizzava Cavour perché era il promotore di un potenziamento del sistema ferroviario piemontese. Sappiamo come è andata a finire: il Piemonte ha fatto scuola non solo perché da lì è partita l’unificazione del Paese, ma anche nel campo dei trasporti. È vero che fino a un po’ di anni fa la Lega era contraria anche all’Italia unita (e Garibaldi era considerato un mostro), ma adesso i no-Tav sono i grillini, con in testa il ministro Toninelli: se da una parte si è inventato l’esistenza del tunnel del Brennero, dall’altra vorrebbe interrompere la costruzione della Torino-Lione. Una scelta che, arrivati a questo punto, mi pare sciagurata, basti pensare alle aziende con i loro operai che hanno investito (indebitandosi) per avviare il cantiere e che si ritroverebbero con un pugno di mosche in mano. Una grande opera, se fatta con criterio e senza sperperi, è sempre un’opera grande: richiede molti sforzi ma i vantaggi che ne conseguono sono ancora maggiori. Il progresso non si può arrestare: l’umanità guarda avanti. Per questo, come dice qualcuno, “nostro Signore ci ha fatto gli occhi sotto la fronte e non sulla schiena”. E avrà avuto i suoi buoni motivi.