Non parlarmi: non ti sento
Di Arianna Ferrari e Andrea Rovati
LEI
Noi donne parliamo molto e riusciamo a fare telefonate chilometriche, dialoghi che durano decine e decine di minuti. I maschi no. Mi sono resa conto che per loro è diverso: non seguono le regole “mittente, messaggio, destinatario”. Forse esiste una differenza genetica tra un uomo e una donna che riguarda anche le conversazioni. Ci ho messo anni ad averne coscienza perché il loro gioco è sottile e adottano mille stratagemmi che non te lo fanno capire prima. Mio padre, che viveva con cinque donne, a un certo punto disse che non partecipava più ai nostri discorsi perché il suo udito era calato. Noi, preoccupate, ci siamo adoperate in visite specialistiche fino ad approdare agli apparecchi acustici che in negozio funzionavano perfettamente mentre a casa davano sempre problemi. Un rompicapo. Solo negli ultimi suoi giorni, quando bisbigliandogli all’orecchio lui sentiva benissimo, ho compreso che il furbacchione aveva usato la finta sordità per sopravvivere alle donne in famiglia. Andrea uguale. Non è ancora arrivato a fingersi sordo ma ha adottato un subdolo espediente che mi ha fatto credere fino a oggi che il nostro fosse un dialogo vero. Io parlavo a lungo e lui rispondeva sempre con dei «sì, sì» o «certo, certo». Brevi interlocuzioni che mi portavano a proseguire il discorso senza capire che fosse offline. Ora che ho scoperto il suo trucco sono passata al contrattacco. Quando me ne accorgo dico: «Adesso ripeti». Ma in tutta onestà… lo fa solo se l’argomento non gli interessa.
arifer.77@libero.it
LUI
Suoni, rumori e voci ad alta voce: i decibel dominano la nostra vita e il balsamo del silenzio sembra una chimera. Però si può almeno abbassare il livello di attenzione: loro parlano e tu cominci a distaccarti, a pensare ad altro fino a essere offline: non è una scelta, è un meccanismo istintivo, sviluppatosi dai primordi e che si attiva ovunque, anche in casa. Secondo me capitava anche nel neolitico: la moglie parlava parlava e il marito sviluppava una sorta di fuoriuscita da sé; lei si lamentava che le selci tagliavano poco e lui intanto pensava ai fatti suoi, al bos primigenius da cacciare o a un disegno rupestre. Così, anche oggi, lei parla parla di spesavestitiprofumidiete e tu sei fisicamente lì ma hai in mente la nuova formula della Champions. La cosa non è priva di rischi: se lei se ne accorge e ti chiede di ripetere cosa hai detto può finire male, motivo per cui un minimo di attenzione è necessario, almeno sulle ultime parole (anche ignorandone il senso poiché inconsapevoli del contesto). Si chiama ecolalìa, è la ripetizione meccanica dell’ultima parola udita ed è considerata un sintomo di malattia cerebrale ma per me si tratta di un riflesso di sopravvivenza sviluppato dai mariti nel corso di milioni di anni. A volte lei ci casca (non sempre, e allora sono guai). Però è colpa dell’evoluzione e non nostra: abbiate pietà (non ne hanno). Comunque, grazie uomini delle caverne: oltre a tante piante commestibili ci avete regalato un po’ di calcio in più.
andrea.rovati.broni@gmail.com