Oggetti da riportare in tavola
di Patrizia Ferrando
Una tavola classica, nel comune discorrere, è una mise en place eseguita secondo le regole tradizionali – che poco o nulla cambiano nel tempo – e utilizzando porcellane, posateria e cristalli dal gusto capace di trascendere le mode. Ma, nel giro di alcuni decenni, le credenze sono diventate anche scrigni di oggetti desueti, se non proprio misteriosi. In un gioco tra creatività e buone maniere, diventa interessante riscoprirli o reinventarli.
Il primo esempio, fra i tanti possibili, di tali eredità minime, è il portauovo.
Diciamolo, sulla tavola italiana questo oggetto non gode di grande popolarità: oggi la nostra colazione (così come il pranzo o la cena) raramente prevede l’uovo à la coque e dunque non sorprende che il portauovo sia, per i più, un oggetto scarsamente interessante, se non quasi sconosciuto. Se qualcuno ogni tanto lo ripropone, questo accade quasi soltanto nel periodo pasquale, e più come elemento decorativo che come parte davvero viva della tavola.
Ecco, proprio perché si presta bene ai fini decorativi, mi sento di caldeggiare il suo uso anche nel resto dell’anno: è perfetto per dare alla tavola un tocco di colore e personalità senza incidere in modo pesante sugli spazi a disposizione.
Soluzione graziosa è trasformarlo in vasetto per minuscole composizioni floreali e utilizzarlo come segnaposto o, se disposto in più esemplari lungo tutta la lunghezza della tavola, farne un centrotavola “destrutturato”.
Decisamente da riscoprire, in barba alle salviette detergenti, è la coppetta lavadita.
Si posiziona a sinistra, di solito in alto, e arriva in tavola al momento in cui serve, per sparire quando non serve più.
Occorre, ovviamente, quando portiamo nella stessa tavola qualcosa che verrà consumato con le dita: frutti di mare, asparagi, ma anche “finger food”.
Dovrà essere aggraziata, profumata, pratica: no a coppe ingombranti che diano fastidio (dobbiamo immergere solo la punta delle dita, non tutta la mano!), ma nemmeno così piccole da costringere l’ospite a bagnare un dito alla volta. Attenzione anche a non riempirle troppo, rischiando imbarazzanti tracimazioni.
La misura ideale è una coppetta bassa da macedonia, di quelle che una volta c’erano in tutte le case e che oggi si trovano in fondo a qualche mobile o nei mercatini. Una buona occasione per recuperarle, non credete?
La coppetta giungerà in tavola su un piattino, se non altro per maneggiarla meglio: ad accompagnarla un piccolo panno in stoffa (nelle situazioni informali anche in carta, purché piacevole, resistente e abbinato agli altri colori) per asciugare le dita dopo l’uso, attività per cui – Donna Letizia docet – è vietato utilizzare il tovagliolo.
patrizia.marta.ferrando@gmail.com