Patti di shopping
di SILVIA MALASPINA E CAROLINA MANGIAROTTI
Oops!… I Did It Again (Oops, l’ho fatto di nuovo) è il titolo di un vecchio e celeberrimo brano di Britney Spears che potremmo adottare come slogan in questo cambio di stagione. Come ogni anno, infatti, si pone la questione del preliminare riordino e del conseguente parziale rinnovo del guardaroba. Se per chi ha raggiunto proporzioni corporee stabili da circa 30 anni si tratta semplicemente di fare il cambio tra abiti che scendono nelle ante basse e abiti che salgono ai piani superiori, pur con la concessione dell’acquisto di qualche piccolo sfizio, per chi è ancora in fase di assestamento fisico la faccenda si fa più complessa. «Finalmente sono dimagrita in modo, spero, stabile. Il problema è che tutti i jeans mi stanno malissimo, si vede che sono di due taglie più grandi, sono terribili! Inoltre ho appurato che a lezione in università si va un po’ più carini che al liceo: le mie compagne mettono i blazer e le camicie, io ho solo felpe e T-shirt. Qui urge sessione di shopping autunnale! Tu quando saresti libera?» «Se ti mettessi i soldi sulla carta ricaricabile e andassi con le tue amiche? L’idea di un centro commerciale mi provoca orticaria!» «E se andassimo a Milano, anziché in un centro commerciale? Le mie amiche non sono obiettive, mi dicono che sto bene con quello che provo ma non sempre è vero. Tu sei crudele, però sincera!» «Ok ma le condizioni sono: obbligo da parte tua della pulizia dell’armadio, impacchettamento di quello che non indosserai più, massimo 4 negozi e mi offri aperitivo: prendere o lasciare!» Pur con qualche mugugno, il patto di reciproca non belligeranza viene siglato. Giunte a destinazione, ci troviamo catapultate tra orde di persone sciamanti che si godono le vie del centro all’ombra della Madonnina, mentre all’interno dei negozi, nei quali viene “sparata” musica a volumi da discoteca, è tutto un brulicare di ragazze dai 12 ai 25 anni che, come formiche impazzite, cercano di accaparrarsi gli outfit per la nuova stagione. In uno di questi mall del fast fashion, in prossimità dei camerini si trovano strategicamente disposte due file di divanetti, sui quali sono seduti, tra il rassegnato e l’estenuato, gli accompagnatori delle suddette fanciulle. Quella di noi che non deve provare si accascia sui pochi centimetri liberi di seduta, come fosse l’ultima ancora di salvezza dal precipizio, e incrocia lo sguardo pesto e complice di un’altra madre: «Meglio andare a lavorare, cosa ne pensa?» E inizia un dialogo denso di lamentele e luoghi comuni, a riprova del fatto che “tutto il mondo è paese”, nonché “mal comune, mezzo gaudio”, bruscamente interrotto dal richiamo all’ordine proveniente da dietro una tenda: «Allora, vieni a vedere? Nei patti non era prevista la chiacchiera libera!»
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