Prendersi confidenza

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di Patrizia Ferrando

«La via per l’inferno è lastricata di buone intenzioni»: la frase, come tutti i modi di dire, tende a estremizzare il concetto che esprime; ma, in misura quasi altrettanto palese, contiene quote di verificato realismo. Il microcosmo del comportamento non fa eccezione.

In altre parole: volere dare il meglio non sempre si traduce in un buon risultato, specie se si precipitano le cose o se si pensa che strafare garantirà il migliore degli effetti; se poi entrano in ballo imbarazzo, fretta o, peggio, poca osservazione di chi incontriamo, il disastro incombe dietro l’angolo.

Entrando nello specifico del bon ton: ricordiamoci che risultare inappropriati rappresenta una caduta, talvolta non priva di attenuanti, mentre, premesse le debite proporzioni, il vero “inferno” delle buone maniere sta nel provocare serio disagio o addirittura ferire la sensibilità del nostro prossimo. La casistica dei primi casi abbonda, però può derubricarsi in una semplice ispirazione: nel dubbio, sempre meglio non esagerare, e attingere a calma e ironia, ancor più autoironia.

Vorrei invece soffermarmi su un paio di casi delicati in cui il desiderio di fare del nostro meglio per il prossimo diventa insidioso, se non dosato.

Il primo esempio riguarda la confidenza, intesa come insieme di atteggiamenti che spaziano dalla scelta tra il dare del “tu” o del “lei” fino al rispetto degli spazi fisici ed emotivi e tanto altro. Se “prendersi della confidenza” ovvero abbandonarsi a eccessi di informalità quando non mancano i presupposti, genera risultati variabili tra il fastidioso, il grottesco e il patetico, voler imporre un senso di vicinanza, anche se mossi da sincera apertura, può mettere in difficoltà chi vorremmo agevolare. Quando età, ruolo professionale o altro ci pongono in una posizione senior, meglio non esagerare in insistenze con chi magari non si sente di lasciarsi andare. Lo stesso vale nell’offrire un aiuto o un varco per confidare problemi e sfogarsi: noi saremmo anche in buona fede, però l’altra persona ha pieno diritto alla riservatezza, all’autonomia, anche alla chiusura.

Ancor più delicato, tanto che intendo approfondirlo, è il rapporto con le persone con disabilità, pure se affrontato nel mondo leggero di questa rubrica. In generale, non diamo mai nulla per scontato: non precipitiamoci a sostituirci all’altro in azioni che forse può e vuole compiere da solo, e manifestiamo con tono discreto la nostra disponibilità a renderci utili. Inoltre, teniamo molto presente il rispetto per quelli che non sono semplici oggetti; non tocchiamo e non spostiamo senza permesso un bastone bianco o una sedia a rotelle.

patrizia.marta.ferrando@gmail.com

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