Profumo di mimosa

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di Silvia Malaspina

Adoro la mimosa: la sua fioritura è preludio alla primavera, il suo colore infonde buon umore, il suo profumo inebria; adoro la mimosa ogni giorno dell’anno, tranne l’otto marzo!

In Italia la “Giornata internazionale della donna” fu istituita nel 1922 e dall’otto marzo 1944 la mimosa ne assurse a simbolo; negli ultimi anni tutto è mutato in “Festa della donna” o, più verosimilmente, in “Festa dei fioristi e dei venditori abusivi di mimosa”.

Non mi piace la “Festa della donna”, non perché sia un’oscurantista retrograda, ma perché non esiste un’omologa “Festa dell’uomo”: se nel 2021 abbiamo bisogno di un giorno prestabilito per rivendicare i diritti delle donne, significa che il raggiungimento di quei diritti è ben lontano dalla realtà.

Mi chiedo che senso abbia festeggiare l’otto marzo, se viviamo in una società nella quale, all’atto dell’insediamento del nuovo esecutivo, i giornali strillano: «Otto ministre nel Governo Draghi!»: non dovremmo sottolineare un fatto come questo, che andrebbe considerato parte del corso naturale degli eventi. Se una persona è meritevole, ne ha le qualità e le capacità, diventa ministro.

Uomo o donna non ha alcuna importanza e non dovrebbe fare la differenza.

Ritengo che le giornate dedicate a particolari eventi siano doverose per gli accadimenti storici, spesso tragici (“Il giorno della memoria” o “Il giorno del ricordo”) oppure per situazioni legate alla comune affettività (Festa della mamma, del papà, dei nonni): mi sembra invece che la “Festa della donna” ci rinchiuda come panda in un’oasi protetta, nella quale, per 24 ore, ci viene dato il contentino di essere considerate, dopo di che tutto ritorni esattamente come prima.

La responsabilità è anche delle donne: per anni abbiamo visto gruppi di signore, spesso agées, festeggiare l’otto marzo con cene e performance degne dei peggiori addii al celibato.

Questo ha sicuramente contribuito a salvare solo l’aspetto esteriore e superficiale della ricorrenza.

Nella mia “città ideale” non esiste la “Festa della donna”, ma una società nella quale donne e uomini camminino ogni giorno fianco a fianco per costruire il bene comune e non si considerino gli uni diversi dalle altre, pur nell’imprescindibile rispetto delle peculiarità assegnate da madre natura.

Vorrei pertanto lanciare un messaggio concreto agli uomini: cari “ragazzi”, invece di arrivare a casa l’otto marzo con un mazzolino di mimose per sgravarvi la coscienza, perché, magari a più riprese durante l’anno, non fate una sorpresa alle donne che a vario titolo vivono con voi, presentandovi con un take away per cena, dicendo: «Siediti vicino a me: stasera non cucini, non prepari nemmeno la tavola, mangiamo sul divano e ci guardiamo un film!».

Talvolta una pizza profuma più di una mimosa.

silviamalaspina@libero.it

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