Quale futuro ci prepara l’intelligenza artificiale?
A margine di un articolo di Naomi Klein uscito su “The Guardian”
Alcune settimane fa l’autorevole quotidiano britannico “The Guardian” ha pubblicato un articolo della giornalista, scrittrice e analista politica Naomi Klein, dal titolo: “AI machines aren’t ‘hallucinating’. But their makers are”. La traduzione, leggermente prolissa, potrebbe essere la seguente: “I prodotti tecnologici dell’intelligenza artificiale non soffrono di allucinazioni. Ma i manager delle aziende che li hanno creati, sì”.
Nel suo intervento la Klein contesta radicalmente le tesi di alcuni dirigenti di aziende che sviluppano e producono sistemi d’intelligenza artificiale (IA), secondo cui l’IA risolverà i più impellenti problemi del nostro tempo, dalle malattie più gravi alla crisi climatica, al sempre più diffuso disagio esistenziale. In estrema sintesi, la Klein sostiene che aziende ad alto contenuto tecnologico, tra cui Google, Microsoft, Apple, “stanno mettendo le mani su tutta la conoscenza umana disponibile in digitale e la stanno usando per scopi privati…”. Una tale affermazione suscita molteplici interrogativi e inquietudini, che si aggiungono a quelli che ho menzionato nel mio intervento, pubblicato su questo settimanale lo scorso 8 giugno.
Il primo interrogativo, con annesse inquietudini, riguarda l’uso, a scopo meramente privatistico, di un’enorme quantità di informazioni, da parte delle suddette aziende. L’interrogativo è: qual è il rischio che tali dati siano utilizzati per condizionare gli orientamenti dell’opinione pubblica internazionale? E, soprattutto, qual è il rischio che essi siano subdolamente usati per manipolare le coscienze? Quanto agli ipotetici vantaggi, ampiamente sbandierati, essi sarebbero, secondo la Klein, delle immani fake news. Basti pensare al fatto che i giganteschi server utilizzati sono una fonte di emissione di anidride carbonica, la cui quantità è ben difficilmente misurabile. Altro che soluzione della crisi climatica!
La Klein sottolinea poi, con preoccupazione, che le aziende che operano nell’ambito dell’IA si stanno muovendo su un terreno che non è regolamentato da nessuna normativa. Quali Governi inizieranno a porre delle precise e stringenti regole, considerato il fatto che, come si osserva da tempo, le multinazionali, comprese quelle ad alto contenuto tecnologico, sono più potenti dei Governi? Poche voci autorevoli, tra cui Geoffrey Hinton e Yoshua Bengio, che, come ho già scritto su questo settimanale, hanno avuto un ruolo da protagonisti nello sviluppare sistemi di IA, chiedono una pausa di ripensamento critico sugli scenari che si stanno sempre più velocemente dischiudendo davanti ai nostri occhi.
Sono comunque certo che la conoscenza umana non conoscerà pause; tuttavia, un conto è percorrere strade nuove in modo consapevole e sulla base di severe normative, un conto è permettere che pochi (irresponsabili e visionari?) si avvantaggino in modo smisurato a danno della restante e preponderante parte della popolazione.
Pier Luigi Baldi