Quale futuro per le Poste?

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Di Cesare Raviolo

Il 30 aprile 2026 verrà a scadenza il servizio postale universale affidato a Poste Italiane SpA e soggetto a verifiche periodiche del Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Il contratto di servizio universale obbliga Poste Italiane a erogare, su tutto il territorio nazionale, il servizio postale base, che comprende: raccolta, trasporto, smistamento e distribuzione di invii postali fino a 2 kg, di pacchi postali fino a 20 kg e i servizi relativi a raccomandate e assicurate. Fondata nel 1862 come azienda autonoma che gestiva in monopolio i servizi postali e telegrafici del Regno d’Italia e trasformata in società per azioni nel 1998, Poste Italiane è controllata dal Ministero dell’Economia e Finanze, al quale direttamente o tramite Cassa Depositi e Prestiti, fa capo il 64,26% del capitale. Patrimonio BancoPosta, che si occupa della raccolta del risparmio tra il pubblico, dell’emissione, gestione e vendita di mezzi di pagamento, nel 2022, figurava al nono posto fra le banche italiane, con mezzi amministrati per oltre 87 miliardi di euro. Nel 2024 Poste Italiane Spa ha chiuso il bilancio con un utile d’esercizio di 2,01 miliardi. È una holding con circa 40 partecipazioni, tra cui il 9,81% di Tim. Il servizio universale mira a garantire la coesione sociale senza discriminazioni tra gli utenti ed è fornito dalle Poste dietro un corrispettivo, versato dallo Stato, di 262,4 milioni all’anno, integrato, qualora l’onere del servizio superasse tale importo, con una somma fino a 89 milioni annui. Con circa 12.800 uffici, 120.000 dipendenti e 35 milioni di clienti, Poste Italiane è la più grande rete di distribuzione di servizi in Italia. Vista l’attuale tendenza a ridurre la spesa pubblica, lo Stato continuerà a finanziare il servizio universale? In caso contrario, considerato che già oggi Poste Italiane appare più interessata a fornire servizi bancari e finanziari piuttosto che postali, cosa succederà? Il timore è che siano diminuiti i servizi all’utenza con la riduzione, ad esempio, del numero e degli orari di apertura degli uffici. Già oggi, specie nei piccoli comuni, gli sportelli, il cui risultato economico viene misurato mensilmente, sono aperti solo al mattino e, a volte, non tutti i giorni; anche la consegna a domicilio della posta non è più quotidiana. Sarà il caso che le autorità locali, le associazioni di tutela dei consumatori e i cittadini, più o meno organizzati, stiano “in campana”, per evitare ulteriori deterioramenti dei servizi pubblici di base.

raviolocesare@gmail.com

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