Quel prete che viene in azienda
Pastorale del lavoro. Anche oggi molti sacerdoti entrano nelle fabbriche, tra gli operai, per celebrare il precetto pasquale. Sono i cappellani del lavoro (come mons. Pietro Gambarotta). Un libro di Enzo Melillo ne ripercorre l’esperienza, unica in Italia
Diversi e autonomi. Erano così i preti dentro le fabbriche, i cappellani del lavoro di Genova e del Genovesato, fino ai confini con la nostra diocesi. Se si pensa agli insediamenti industriali del Novese e del Tortonese, una presenza di sostegno spirituale e materiale alle fatiche e ai bisogni degli operai e delle loro famiglie.
Il cattolicesimo ligure e della regione ecclesiastica che comprende la diocesi di Tortona si segnala per la sua singolarità che ha origini precise e conseguenze di lunga durata. Una “anomalia cattolica” che risulta evidente se si osserva la complessa stratificazione sociale dei territori dove, accanto a un consistente universo operaio, alle grandi fabbriche, coesisteva una radicata e multiforme presenza di ceti borghesi, commerciali, agricoli e dei servizi. A Genova nacque, infatti, una esperienza diversa rispetto alle altre due importanti città del nord, quella dei cappellani del lavoro che ancora oggi operano in una realtà profondamente mutata rispetto alle origini.
Un saggio fresco di stampa, curato dal giornalista Rai Enzo Melillo, Quel prete che viene in azienda. I cappellani del lavoro genovesi un’esperienza unica in Italia (San Paolo Edizioni, con la prefazione del cardinale Angelo Bagnasco e la post-fazione dell’arcivescovo di Genova Mons. Marco Tasca), ripercorre alcuni tratti, anche attraverso la testimonianza dei protagonisti, del ruolo dei preti genovesi nelle fabbriche e ne intervista coloro che oggi continuano il servizio, primo tra tutti mons. Luigi Molinari, il decano della categoria.
Nel marzo 1943 i cappellani del lavoro sono entrati in molti siti industriali, portuali e del pubblico impiego della città. Questa presenza, che continua tutt’oggi, si concretizza nel periodo prenatalizio con numerose celebrazioni della S. Messa negli ambienti di lavoro. È una scelta per annunciare il mistero del Natale insieme alle maestranze.
Se da settantacinque anni la Chiesa genovese vive la presenza pastorale nel mondo del lavoro, è stato grazie allo spirito missionario del cardinale Pietro Boetto e del suo successore il cardinale Giuseppe Siri che – in un periodo difficile e doloroso del nostro Paese, in piena guerra con l’occupazione tedesca alle porte, i bombardamenti e la penuria di cibo – hanno deciso di avviare un cammino pastorale arrivato felicemente fino a qui.
La Pastorale del lavoro, peculiarità della diocesi di Genova, trova sostegno istituzionale e organizzativo nella Fondazione di religione “Armo” (Assistenza Religiosa e Morale Operai) che ha sede nella zona limitrofa al Porto Antico, in via del Molo 22.
Ripercorrendo la storia di Genova è facile ricordare i continui mutamenti del tessuto produttivo, la massiccia deindustrializzazione che ha portato alla perdita di molti posti di lavoro, nell’ordine delle decine di migliaia, gli eventi del 1968, le Brigate Rosse durante i cosiddetti “anni di Piombo”. Dal periodo dell’industria come carro trainante per la città, con i suoi cavalli quali l’Ansaldo, l’Italsider, il Porto, fino al Duemila, caratterizzato da una preoccupante crisi occupazionale.
A Genova e nel territorio vasto della Liguria e del basso Piemonte si è assistito nel tempo a una inesorabile perdita di molte realtà produttive, quasi come fosse possibile trasformare una città a vocazione industriale in una città di servizi senza avere contraccolpi negativi. In tutti questi passaggi storici ed economici, i cappellani del lavoro hanno incessantemente tenuto stretti rapporti con i vertici aziendali, le maestranze e le istituzioni locali. Come non ricordare il servizio dei riti e delle Messe di Pasqua e della Settimana Santa nelle fabbriche.
In Diocesi di Tortona spicca il nome di un grande prete e cappellano del lavoro per lunghi anni della sua esistenza negli insediamenti industriali del Novese, mons. Pietro Gambarotta, indimenticato parroco di San Nicolò a Pozzolo Formigaro. La sottile ma fondamentale opera di rete ha permesso, nei momenti difficili, di risolvere molti problemi aziendali, nel silenzio e con discrezione. Le sinergie hanno consentito di mantenere stretto un legame tra la Chiesa locale e la città. Così, ecco il superamento dell’industria parastatale, i numerosi esodi di posti di lavoro e l’arrivo del nuovo.
La Chiesa genovese, tramite i cappellani, ha mantenuto il contatto e il dialogo con il mondo del lavoro e con la città, valorizzando il clima ecclesiale inaugurato dal Concilio Vaticano II. Oggi, nonostante la carenza di sacerdoti, i cappellani, con grande spirito di sacrificio, continuano la missione loro affidata.