Ritorna la protesta dei trattori
Presidio a Casteggio al casello dell’A21 per lo stato di crisi. Ecco cosa chiedono gli agricoltori al Governo
CASTEGGIO- È tornata in Oltrepò la protesta dei trattori. A un anno dai cortei nei principali centri del territorio, gli agricoltori di “Riscatto Agricolo Lombardia” e “Coapi” (Coordinamento agricoltori e pescatori italiani) hanno organizzato da dieci giorni un presidio al casello autostradale della A21 di Casteggio per chiedere, insieme ai colleghi di altre parti della regione, lo stato di crisi nazionale del settore agricolo. Domenica scorsa i manifestanti hanno chiamato a raccolta i sindaci del territorio per farsi conoscere e spiegare le loro ragioni. Erano presenti al presidio diversi amministratori, il presidente della Provincia, Giovanni Palli, e l’assessore regionale Elena Lucchini. «La risposta dei sindaci è stata molto positiva, ci siamo fatti conoscere e ora aspettiamo che portino in consiglio la delibera con la richiesta alla Regione di attivazione dello stato di crisi nazionale del settore agricolo, che provvederà a inoltrarla al Governo» – sottolinea Enrico Chioetto, portavoce degli agricoltori pavesi. Una settimana fa una delegazione ha incontrato anche il sindaco di Pavia, Michele Lissia, mentre il prossimo 12 febbraio i manifestanti saranno ancora in Regione per un’audizione in commissione Agricoltura. Se la protesta del 2024 aveva dato rappresentatività istituzionale agli agricoltori, che si erano seduti ai tavoli in Regione, ora i presidi puntano a creare un coordinamento nazionale per trattare con il Governo: la proclamazione dello stato di crisi consentirebbe di attivare misure straordinarie di sostegno al settore, come una moratoria dei debiti che gravano sulle aziende agricole, il riconoscimento del giusto prezzo dei prodotti e l’abbattimento dei costi di produzione (carburanti energia), contrasto alla concorrenza e alle pratiche sleali, misure straordinarie di soluzione alle emergenze ambientali (siccità, fauna selvatica, malattie). «L’Oltrepò pavese agricolo sta soffrendo molto.– conclude Chioetto – Per quanto riguarda il settore vitivinicolo, il 2024 è stato disastroso: le aziende hanno speso centinaia di migliaia di euro per i trattamenti contro le malattie e, in determinate zone, hanno comunque avuto perdite dell’80% e molte ora sono sul lastrico, a rischio chiusura. Parlando del bacino cerealicolo di pianura, invece, non è proponibile vendere una materia prima a 20 centesimi al chilo per poi avere il pane che costa 5 o 6 euro al chilo: puntare ad avere un guadagno in più per noi non deve ripercuotersi sui bilanci delle famiglie, che già fanno fatica».
Oliviero Maggi