Salario minimo e assistenza: conoscere i numeri per una soluzione equa

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La riforma non può prescindere da uno sguardo che sia giusto rispetto a tutti gli attori in gioco. Sapranno i nostri politici affrontare l’argomento?

La discussione parlamentare sul salario minimo dovrebbe essere innanzitutto l’occasione per un serio e approfondito lavoro di conoscenza di tutti gli aspetti in gioco. In questo senso, e con particolare riferimento al settore dell’assistenza degli anziani e delle persone fragili, il rinvio del dibattito di alcune settimane potrebbe – così ci auguriamo – permettere a tutte le forze politiche di uscire dagli slogan e affrontare nel merito (senza evadere il tasto decisivo delle risorse) l’argomento.

Uno sguardo sintetico sui numeri ci può aiutare: in Italia ci sono circa 900.000 badanti assistenti in regola e altrettante (secondo le ricerche più attendibili) senza contratto. Per le retribuzioni (contributi compresi) si stimano oltre 7 miliardi di Euro di spesa annua per quelle in regola e tra i 7 e gli 8 miliardi per quelle non in regola. Nel 2022 il numero delle badanti regolari registrate all’Inps è calato dell’8% (un dato che fa molto riflettere e svela un maggiore ricorso al mercato nero) e nei primi mesi del 2023 gli aumenti contrattuali medi hanno inciso per un ulteriore +7/8% sulle famiglie con anziani non autosufficienti a carico.

Oggi una famiglia con un anziano a carico curato da una badante può spendere dai 18 ai 20.000 Euro, con picchi di 25-30.000 Euro annui per chi deve pagare anche le badanti di sostituzione per i weekend e il mese di ferie. A fronte di una spesa cospicua, la paga oraria delle badanti (sulla base delle ore di presenza in casa e dei contratti siglati dai sindacati) non supera i 4-5 Euro lordi.

Se già oggi (sempre secondo alcune ricerche) solo l’8-10% dei pensionati potrebbe permettersi una badante, con un salario minimo a 9 (o 10 Euro), quanti potrebbero far fronte a una spesa di 35-40 Euro annui? Il 4-5% del totale?

Il paradosso di salari bassi rispetto al costo orario e di una spesa insostenibile per gli utenti deve entrare nel dibattito politico e sociale con grande realismo. Anche per evitare che l’assistenza e le cure ai nostri over 75 riguardino solo poche e molto benestanti famiglie. A noi credenti il tema del giusto salario interessa, anche perché attraversa l’intera Bibbia e i venti secoli di tradizione cristiana fino ad arrivare alla Rerum novarum di Leone XIII, dove il Pontefice afferma che “principalissimo poi tra questi doveri (del datore di lavoro, ndr) è dare a ciascuno il giusto salario” aggiungendo che deve essere “sufficiente a mantenere se stesso e la sua famiglia”.

Ecco dunque che il tema del salario minimo, nell’ambito dell’assistenza, si unisce indissolubilmente anche a quello della giustizia. Una giustizia che deve essere vista e percepita a 360°, soprattutto quando si ha a che fare con un datore di lavoro (i caregiver familiari o gli enti di terzo settore) che non ha risorse infinite o si trova già in una situazione di fragilità e malattia.

Una riforma del salario minimo che tocchi anche il campo delicatissimo dell’assistenza non può dunque prescindere da uno sguardo che sia giusto rispetto a tutti gli attori in gioco: miglioramento del salario per le badanti assistenti, sostenibilità per le famiglie e ruolo tangibile dell’Istituzione pubblica.

Sapranno i nostri politici e le nostre organizzazioni sindacali – di qualunque colore – affrontare l’argomento nella sua complessità? Sapranno coniugare giustizia, flessibilità e un corposo stanziamento di risorse pubbliche?

Filippo Cavazza Vicepresidente Cura e salute, Privatassistenza – Tortona

Illustrazione di Maurizio Immovilli
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