Sant’Antonio di Padova
La Chiesa, oggi, 13 giugno, festeggia uno dei santi più amati e venerati nel mondo, dotto teologo e potente taumaturgo per gli innumerevoli prodigi compiuti in vita e dopo la morte. Parliamo di Sant’Antonio, per tutti semplicemente il “Santo”. Della sua vita si hanno poche notizie biografiche certe. Nacque a Lisbona, primogenito di una famiglia nobile, potente e ricca, tra il 1190 e il 1195. Battezzato con il nome di Ferdinando, era il figlio di Martino, nobile della famiglia dei Bulhoes y Taveira de Azevedo chiamati i “Buglioni”, che annoverava tra i suoi membri Goffredo, condottiero della prima crociata. Quindicenne, entrò fra i Canonici regolari di Sant’Agostino, a Lisbona e poi a Coimbra. Di intelligenza acuta e brillante, in pochi anni riuscì a immagazzinare tanta cultura teologica, scientifica e soprattutto biblica da meritarsi in seguito il titolo di “Arca del testamento”.
Gli studi non riuscirono però ad appagare le aspirazioni del suo animo generoso. Il giovane canonico un giorno a Lisbona vide arrivare le salme di cinque frati francescani martirizzati nel Marocco. Decise allora di seguirne le orme entrando tra i francescani di Coimbra con il nome di frate Antonio. Volle partire missionario per il Marocco, ma a causa di una malattia tornò in patria. Durante il viaggio una tempesta lo fece naufragare sulle coste della Sicilia, presso Milazzo.
Risalì quindi l’Italia, in compagnia di altri frati, e giunse ad Assisi dove si svolgeva il Capitolo generale poi detto “delle stuoie”. Era il 1221. Nella cittadina umbra conobbe San Francesco, il quale ammirato dalla sua profonda dottrina, lo definì “mio vescovo”. Fu destinato al convento di Montepaolo, vicino a Forlì, dove rimase per qualche tempo. Una predica improvvisata, in occasione di un’ordinazione sacerdotale impose all’attenzione di tutti la profonda cultura, la capacità oratoria, e la ricchezza interiore di Antonio. Lasciato Montepaolo, divenne missionario itinerante e predicatore, per annunciare il messaggio evangelico e francescano, contro le idee degli eretici che in quegli anni si erano diffuse. Si stabilì poi a Padova, dove proseguì la sua attività di predicatore. Celebre un suo quaresimale, tenuto alcuni mesi prima di morire, e un coraggioso quanto sfortunato incontro con il feroce tiranno Ezzelino da Romano, dal quale era andato a perorare la liberazione di alcuni prigionieri.
Negli ultimi tempi, spossato dalla fatica e dalla malattia Antonio accettò l’invito di un amico, il conte Tiso di Camposampiero, a recarsi nel convento di quella cittadina, per riposarsi. Si fece costruire in questo luogo tra i rami fronzuti di un noce una piccola cella, dove si ritirava a pregare.
Nella tarda primavera del 1231 fu colto da malore e fu trasportato a Padova, dove aveva chiesto di morire. Giunto all’Arcella, nella periferia della città, morì. Era il 13 giugno e lui aveva solo 36 anni. Un anno dopo la morte fu proclamato santo e nel 1946 “Dottore della Chiesa”.
Daniela Catalano