«Sarete parte della mia vita, uniti dalla comunione in Cristo»
Domenica scorsa la Messa di saluto alla Diocesi dell’Arcivescovo Mons. Vittorio Viola
TORTONA – Domenica scorsa in Duomo, ai piedi di san Marziano, c’era l’intera diocesi, riunita per salutare il suo pastore.
Fisicamente erano solo 200 le persone in chiesa, in rappresentanza di tutti i vicariati, nel rispetto delle normative anti Covid, ma attraverso la diretta streaming sui siti di Radio PNR e del settimanale Il Popolo e idealmente uniti con il cuore, in migliaia, dall’Antola al Po, hanno partecipato alla celebrazione eucaristica, animata dai canti solenni eseguiti dalla Cappella Musicale della Cattedrale diretta da Enrico Vercesi e accompagnata all’organo da Daniela Mendit-to. Dopo un breve e intenso temporale, sotto un cielo grigio che tanto ricordava quello del giorno dell’ingresso, il 14 dicembre 2014, alle ore 17, Mons. Viola ha percorso la navata benedicendo i fedeli, proprio come fece allora. Da quel pomeriggio d’inverno sono volati in un baleno sette anni e, inaspettato, è arrivato il momento di lasciare partire Padre Vittorio, chiamato a Roma a collaborare con il Papa nella Congregazione per la Disciplina dei Sacramenti e del Culto Divino. Il frate che solo ieri giungeva da Assisi, lo scorso 26 settembre ha salutato la sua “terra promessa”, con la gioia del primo giorno e con la consapevolezza che la Chiesa “bella” che è in Tortona è diventata parte della sua vita. «C’è una comunione che ci unisce, sempre in Cristo e dal momento in cui lui ci ha dato la possibilità di fare un tratto di strada insieme, questa si rafforza, pur con tutti i nostri limiti» – ha detto nell’omelia. Dopo aver salutato nei giorni precedenti i giovani, il presbiterio insieme ai religiosi e ai diaconi e i sindaci, ha voluto incontrare il “popolo di Dio” che lo ha seguito e apprezzato nel suo ministero episcopale. A farsi portavoce dei sentimenti di affetto, gratitudine e stima di tutta la Diocesi, dei sacerdoti presenti e delle autorità è stato il Vicario generale mons. Mario Bonati che gli ha rivolto un caloroso saluto iniziale.
Dopo la proclamazione della Parola di Dio e la lettura del passo del vangelo della XXVI domenica del Tempo Ordinario, Mons. Viola ha preso la parola. Con tono profondamente commosso ha sottolineato l’importanza e la bellezza dei legami instaurati nel tempo, offerti al Signore in senso di gratitudine. Ha poi ringraziato le numerose autorità civili e militari intervenute, il sindaco della città e i rappresentanti di tutte le associazioni di volontariato per essere sempre stati presenti con competenza e professionalità nei momenti della vita diocesana. Poi, come ha sempre fatto in questi anni, ha invitato l’assemblea a riflettere sulle parole che la liturgia ha proposto; in particolare sul passo del vangelo di Marco nel quale Gesù, di fronte allo sconcerto e al nervosismo di Giovanni e del fratello per la presenza di persone che guarivano nel suo nome, calma gli animi e mostra ai suoi apostoli una visione nuova di comunità, aperta e pronta a includere e non ad escludere. «È la visione di una Chiesa, – ha affermato – che è desiderosa di annunciare al mondo Gesù Cristo e quindi tutta protesa verso il mondo, senza dimenticare il centro, che è il Signore. Una Chiesa missionaria». La stessa che in questi anni Mons. Viola ha presentato nelle sue lettere pastorali, che avevano tutte come sottotitolo la frase dell’Evangelii Gaudium: «Sogno una scelta missionaria capace di cambiare tutte le cose». Questa è la Chiesa che vuole il Papa e questa è quella che vuole il pastore diocesano pronto a lasciare il suo gregge al suo confratello Guido, certo che «l’ansia missionaria, debba pervadere ogni iniziativa, ogni struttura, ogni pensiero, ogni supplica, praticamente tutta la vita della diocesi». Solo così si possono superare gli orari, le strutture, le barriere e gli ostacoli. Alla fine del mandato ha consegnato ai suoi “fratelli in Cristo” il suo desiderio più profondo: quello di continuare a mantenere «vivo acceso nella Chiesa di Tortona il sogno, con l’apertura della mente e del cuore che è quella che Gesù insegna nel vangelo».
«Dobbiamo sentire – ha aggiunto – come credenti, la responsabilità della nostra testimonianza e per annunciare il suo regno con gioia occorre superare la logica del “si è sempre fatto così” e gli schemi che non funzionano più. Se abbiamo capito che c’è qualcosa di cui dobbiamo liberarci facciamolo, perché la nostra bella Chiesa ha delle belle risorse e noi non possiamo fermarci». Nelle parole di Mons. Viola si è potuto chiaramente cogliere la stessa urgenza e l’ardore delle prime catechesi. È stato possibile scorgere la via che lui ha indicato nella quale l’unico centro è Gesù Cristo. Solo con lui, infatti, è possibile proseguire il cammino e cantare il Magnificat per il dono di una guida forte e determinata quale è stata la sua per gli uomini e le donne della diocesi.
«La fatica della partenza – ha concluso – non mi toglie la gioia del tempo vissuto insieme, dell’aver condiviso tante cose, tanti momenti, belli, faticosi, impegnativi, tra cui la visita pastorale durante la quale ho avvertito più forte il mio essere pastore per la Chiesa di san Marziano». Ringraziando per «il tempo vissuto insieme», ha auspicato la «pienezza di comunione che si rafforza ogni volta che si ascolta la parola e si spezza il pane». Dopo la benedizione finale, l’Arcivescovo ha voluto salutare personalmente tutti, donando la corona del Rosario, segno di quell’unità che prosegue nella preghiera. Uscendo dalla cattedrale, mentre si faceva sera, insieme a commozione e nostalgia, nel cuore si avvertiva pure la gioia, la medesima provata dai discepoli di Emmaus. La gioia del Risorto che nessuno ci può togliere e che Mons. Viola non hai mai smesso di annunciare. Ora che le strade si dividono, resta la certezza che si continuerà a camminare insieme verso il regno promesso, uniti dall’unico, vero amore.
Daniela Catalano