Scrivere e vivere bene

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di Maria Pia e Gianni Mussini

Dicono che il bambino prodigio Wolfgang Amadeus Mozart provasse un fastidio fisico dinanzi alla musica “brutta”, la cui disarmonia riconosceva istantaneamente con gusto infallibile. Ebbene, se è lecito paragonare i sommi ai… meno sommi, Gianni prova un analogo fastidio dinanzi a espressioni linguistiche abusate e stantie, “brutte” appunto.

Esempi? L’uso, specie nelle lettere burocratiche, di forme come “sono a chiedere” lo manda letteralmente in bestia. Così come “andiamo a” più verbo all’infinito, formula usata specialmente – ma non solo – nelle trasmissioni di cucina: “andiamo ad aggiungere una noce di burro”, eccetera. Ma perché? Non basta dire, rispettivamente, “Le chiedo” (oppure “Mi permetto di chiedere…”) e “Aggiungiamo una noce…”?

Per essere bella ed elegante, la lingua vuole semplicità. Eccone un paio di esempi sempreverdi: “Mirava il ciel sereno, / le vie dorate e gli orti”; “Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti”… Ovviamente Leopardi (A Silvia) e Manzoni (l’incipit dei Promessi sposi).

È tanto difficile scrivere limpido come loro?

Quando Gianni insegnava, invitava sempre i suoi ragazzi a essere semplici e a non usare “parole della domenica” perché, nella convinzione di fare bella figura, si finisce spesso per fare figuracce…

Ma il nostro Mozart qualche volta il problema ce l’ha in casa. La moglie infatti, sempre pronta a venire incontro al prossimo, non di rado finisce per assorbirne anche i tic linguistici. Per esempio quell’orrido “okay” che da qualche tempo usa, specie al telefono, come vieto intercalare. Ma perché non dire uno schietto “bene”?

Non ci crederete ma qualche volta litighiamo per queste apparenti inezie. Il punto è che per Gianni la parola è diretta espressione della Parola, dunque va trattata con cura e con l’elegante semplicità di cui sopra (dopo tutto quella ispirata da Dio per i Vangeli: “Il vostro dire sia sì sì, no no…”).

Maria Pia è d’accordo, ma ogni tanto ci ricasca. E sì che anche a lei, come al marito, non piacciono certe corrive cadute nella banalità. Per esempio aborrisce la tendenza (già deprecata dal nostro maestro Cesare Segre) a inserire in ogni espressione la parolaccia con due Z, che oltre a tutto – così inflazionata – finisce per desemantizzarsi… Non parliamo poi dell’invocazione alla Madre di Gesù, chiamata in causa per lo più a sproposito e in modo, crediamo inconsapevolmente (ma è quasi peggio!), blasfemo.

Insomma, «scrivere bene è vivere bene», come ripeteva il raffinatissimo Cesare Angelini. Ne siamo così convinti che ci permettiamo di suggerirvi il magnifico libro di Claudio Giunta Come non scrivere (dal parlante sottotitolo Consigli ed esempi da seguire, trappole e scemenze da evitare quando si scrive in italiano), appena riedito dalla UTET.

Dopo tutto, la lingua è il vero specchio dell’anima!

cantiamolavita@katamail.com

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