Scuole: meno demagogia

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di ENNIO CHIODI

La schematica semplicità con cui si affrontano – di questi tempi, in questo Paeseargomenti e problemi complessi, è disarmante. Posizioni ideologiche e demagogiche dettano approcci manichei e “risolutivi”, che scartano a priori ogni tentativo di approfondimento ragionevole e motivato. Il prossimo 10 aprile, una scuola di Pioltello, nell’hinterland milanese, resterà chiusa in occasione di “Eid al Fitr” la festa che, nella cultura islamica, segna la fine del Ramadan e quindi la rottura del digiuno. La decisione, presa all’unanimità, pare avere solo motivazioni organizzative e di buon senso: il 43% di alunni e studenti non ha la cittadinanza italiana e a scuola, quella mattina, non ci sarebbero andati comunque. Usare uno dei giorni messi a disposizione dall’autonomia scolastica, proprio per valorizzare le specificità dei diversi contesti, è sembrato ragionevole ai responsabili dell’Istituto dedicato a Iqbal Masih, un bambino pakistano testimone e attivista nella lotta contro lo sfruttamento selvaggio del lavoro minorile. Nessun cedimento quindi alle abitudini “straniere” e nessun abbandono delle nostre care tradizioni familiari e religiose. Si è aggiunto senza togliere, in una prospettiva, piuttosto, di tolleranza e accoglienza di cui ci parla, in un prezioso contributo, Pierangela Fiorani, a pagina 5. Il dibattito sulla “eccessiva” presenza di ragazzi non italiani nelle nostre scuole è esploso con la consueta improvvisazione. I ministri Salvini e Valditara propongono un “tetto” del 20% alla presenza di alunni stranieri nelle scuole, per non condizionare la crescita e la formazione dei ragazzi italiani. “Tetti” e affini verrebbero imposti con regole valide per tutti, separate dai contesti ambientali e da valutazioni culturali, sociali ed economiche. Nella provincia di Milano, ad esempio, sono una decina le scuole in cui gli alunni non italiani sono più della metà degli iscritti, mentre, d’altra parte, cresce il fenomeno del “white flight”, la fuga di italiani verso scuole meno periferiche, più lontane e scomode, ma meno “occupate” da ragazzi stranieri. Fenomeni complessi appunto che richiedono approfondimenti e interventi non improvvisati. Una scuola che non accoglie, non crea integrazione e non risponde alle esigenze di una società alle prese con il crollo demografico e alla ricerca ormai spasmodica di lavoratori e mano d’opera formata e specializzata. È anche per questo che il mondo economico e produttivo dell’intero Nord Est ha recentemente preso nettamente le distanze da politiche anti immigrazione scomposte e propagandiste, chiedendo un approccio finalmente concreto e realistico. Integrazione – sostengono – significa crescita e sviluppo.

enniochiodi@gmail.com

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