«Se avessimo memoria, non spenderemmo miliardi per il traffico delle armi»
L’ultimo libro del Papa, uscito il Giovedì Santo, è un atto di accusa contro la guerra, “una pazzia, un mostro, un sacrilegio che fa scempio della vita umana”
“Un anno fa, nel mio pellegrinaggio nel martoriato Iraq, ho potuto toccare con mano il disastro causato dalla guerra, dalla violenza fratricida e dal terrorismo, ho visto le macerie delle case e le ferite dei cuori, ma anche semi di speranza di rinascita. Mai avrei immaginato allora di veder scoppiare un anno dopo un conflitto in Europa”.
Lo scrive il Papa, nell’introduzione al libro Contro la guerra. Il coraggio di costruire la pace, uscito il Giovedì Santo in edicola con il “Corriere della Sera” e in libreria. Il libro – edito da Solferino e Lev – sarà presentato venerdì 29 aprile alle ore 10.30 a Roma all’Università “Lumsa”.
“Fin dall’inizio del mio servizio come vescovo di Roma ho parlato della Terza guerra mondiale, dicendo che la stiamo già vivendo, anche se ancora a pezzi”, ricorda Francesco: “Quei pezzi sono diventati sempre più grandi, saldandosi tra di loro. Tante guerre sono in atto in questo momento nel mondo, che causano immane dolore, vittime innocenti, specialmente bambini. Guerre che provocano la fuga di milioni di persone, costrette a lasciare la loro terra, le loro case, le loro città distrutte per aver salva la vita. Sono le tante guerre dimenticate, che di tanto in tanto ricompaiono davanti ai nostri occhi disattenti”. “Queste guerre ci apparivano lontane”, il riferimento all’oggi: “Fino a che, ora, quasi all’improvviso, la guerra è scoppiata vicino a noi. L’Ucraina è stata aggredita e invasa. E nel conflitto a essere colpiti sono purtroppo tanti civili innocenti, tante donne, tanti bambini, tanti anziani, costretti a vivere nei rifugi scavati nel ventre della terra per sfuggire alle bombe, con famiglie che si dividono perché i mariti, i padri, i nonni rimangono a combattere, mentre le mogli, le madri e le nonne cercano rifugio dopo lunghi viaggi della speranza e varcano il confine cercando accoglienza presso altri Paesi che li ricevono con grandezza di cuore”.
“Di fronte alle immagini strazianti che vediamo ogni giorno, di fronte al grido dei bambini e delle donne, non possiamo che urlare: Fermatevi!”, l’appello del Papa: “La guerra non è la soluzione, la guerra è una pazzia, la guerra è un mostro, la guerra è un cancro che si autoalimenta fagocitando tutto! Di più, la guerra è un sacrilegio, che fa scempio di ciò che è più prezioso sulla nostra terra, la vita umana, l’innocenza dei più piccoli, la bellezza del creato”. “Quella a cui stiamo assistendo è l’ennesima barbarie e noi, purtroppo, abbiamo memoria corta”, la denuncia.
“Sì, la guerra è un sacrilegio! Non posso non ricordare – scrive Francesco – la supplica con cui nel 1962 san Giovanni XXIII chiese ai potenti del suo tempo di fermare un’escalation bellica che avrebbe potuto trascinare il mondo nel baratro del conflitto nucleare. Non posso dimenticare la forza con cui san Paolo VI, intervenendo nel 1965 all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, disse: «Mai più la guerra! Mai più la guerra!». O, ancora, i tanti appelli per la pace di san Giovanni Paolo II, che nel 1991 ha definito la guerra «un’avventura senza ritorno». Sì, perché se avessimo memoria, ricorderemmo che cosa i nostri nonni e i nostri genitori ci hanno raccontato, e avvertiremmo il bisogno di pace così come i nostri polmoni hanno bisogno d’ossigeno. La guerra stravolge tutto, è follia pura, il suo unico obiettivo è la distruzione ed essa si sviluppa e cresce proprio attraverso la distruzione e se avessimo memoria, non spenderemmo decine, centinaia di miliardi per il riarmo, per dotarci di armamenti sempre più sofisticati, per accrescere il mercato e il traffico delle armi che finiscono per uccidere bambini, donne, vecchi. Se avessimo memoria, sapremmo che la guerra, prima che arrivi al fronte, va fermata nei cuori. L’odio, prima che sia troppo tardi, va estirpato dai cuori. E per farlo c’è bisogno di dialogo, di negoziato, di ascolto, di capacità e di creatività diplomatica, di politica lungimirante capace di costruire un nuovo sistema di convivenza che non sia più basato sulle armi, sulla potenza delle armi, sulla deterrenza”.
Poi il Santo Padre cita don Tonino Bello, ora venerabile, che amava ripetere: i conflitti e tutte le guerre «trovano la loro radice nella dissolvenza dei volti». “Quando cancelliamo il volto dell’altro, allora possiamo far crepitare il rumore delle armi”, il commento del Papa: “Quando l’altro, il suo volto come il suo dolore, ce lo teniamo davanti agli occhi, allora non ci è permesso sfregiarne la dignità con la violenza”.
Al termine dell’introduzione Francesco ricorda la sua enciclica Fratelli Tutti dove “ho proposto di usare il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari per costituire un Fondo mondiale destinato a eliminare finalmente la fame e a favorire lo sviluppo dei Paesi più poveri, così che i loro abitanti non ricorrano a soluzioni violente o ingannevoli e non siano costretti ad abbandonare i loro Paesi per cercare una vita più dignitosa. Rinnovo questa proposta anche oggi, soprattutto oggi. Perché la guerra va fermata, perché le guerre vanno fermate e si fermeranno soltanto se noi smetteremo di alimentarle”.