Se il ricordo resta labile

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di Ennio Chiodi

Accade – di questi tempi– che un bravo e versatile attore italiano come Andrea Pennacchi, dichiaratamente di Sinistra e figlio di partigiani comunisti, venga pesantemente insultato sui social, accusato di aver “tradito” ed essere passato col nemico. La sua colpa è avere accettato un ruolo da protagonista in un film dedicato da Rai 1 alla tragedia degli italiani autoctoni della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia, perseguitati dai partigiani jugoslavi, gettati nelle foibe o finiti nei campi di concentramento e poi costretti, nel primo dopoguerra, a un violento e tristissimo esodo di massa che coinvolse centinaia di migliaia di famiglie. Una storia che si sviluppa tra il 1943 e gli anni successivi alla liberazione, quando gli assetti dell’Europa si andavano stabilizzando e in Italia la Repubblica muoveva i suoi primi passi. Ancor oggi resta aperta la ferita di un Paese che ha colpevolmente rimosso il ricordo di quegli eventi. Solo nel 2004 venne istituito dal Parlamento il “Giorno del Ricordo”. La data prescelta fu il 10 febbraio, quando, nel 1947, fu firmato a Parigi il Trattato di Pace che assegnava definitivamente alla Jugoslavia di Tito territori e città in precedenza appartenuti all’Italia. Nei primi anni del dopoguerra questa rimozione era in parte motivata da ragioni interne e di rapporti internazionali (il distacco di Tito dall’Unione Sovietica poteva ben essere una sponda utile per l’Occidente durante la guerra fredda), ma anche negli ultimi anni quel ricordo è stato labile, sfumato, spesso ancora mal tollerato da una parte consistente di italiani. Oggi è giunto il momento di ammettere – come ha fatto con determinazione il presidente Sergio Mattarella – che quell’oblio è stato un “affronto” per l’Italia e per quei morti: quella tragedia non può essere “derubricata” a una vendetta contro i fascisti occupanti, perché «le sparizioni nelle foibe, l’internamento nei campi di prigionia, le torture, colpirono militari, sacerdoti, intellettuali, cittadini che non avevano nulla da spartire con la dittatura di Mussolini. E persino partigiani e antifascisti, la cui unica colpa era quella di aspirare a una democrazia, ostacolando l’annessione di quei territori sotto la dittatura comunista». Ci aiuta – ancora una volta – l’Europa: nel 2025 Gorizia e Nova Gorica diventeranno una sola “Capitale europea della Cultura” abbattendo, anche nelle coscienze, la frontiera, già cancellata fisicamente, che ha rappresentato il nostro “muro di Berlino” e che, nella città divisa in due, ha segnato la “cortina di ferro” sul confine orientale.

enniochiodi@gmail.com

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