“Segni materiali fonemi”, omaggio a Carlo Pace

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La mostra organizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Sono 40 le opere esposte fino al 29 ottobre nelle sale di Palatium Vetus

Promossa e organizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria e dalla società Palazzo del Governatore, la mostra antologica “Segni materiali fonemi” delle opere di Carlo Pace (Alessandria 1937-2011) vuole essere l’occasione per riscoprire una delle personalità più affascinanti, ma anche meno note della storia dell’arte della seconda metà del Novecento.

La rassegna, inaugurata venerdì 21 aprile, resterà aperta al pubblico fino al 29 ottobre prossimo ed è allestita nelle sale d’arte temporanee al piano terreno di Palatium Vetus, ad Alessandria, in piazza della Libertà. L’ingresso è gratuito con la possibilità di visite guidate.

«La Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria – dichiara il presidente, Luciano Mariano – prosegue il suo impegno culturale a favore del territorio locale e la mostra delle opere di Carlo Pace, che segue di pochi giorni la presentazione del volume dedicato a questo artista alessandrino, ne è testimonianza. L’obiettivo è quello di creare un evento culturale di prestigio per rendere il giusto omaggio a Pace e permettere al grande pubblico di conoscere e apprezzarne la variegata produzione. Al contempo, in collaborazione con la società Palazzo del Governatore, ci proponiamo di consolidare l’immagine di Palatium Vetus come luogo di arte e di conoscenza, volano di iniziative rivolte alla crescita culturale, sociale ed economica della provincia di Alessandria».

Le opere sono una quarantina alcune delle quali, facenti parte dell’archivio Carlo Pace, sono inedite, altre sono già state esposte in alcune mostre a Venezia e Torino.

La mostra è suddivisa idealmente in tre percorsi ben evidenziati che rappresentano i tre momenti principali dell’arte di Pace: si apre con una serie di dipinti degli anni ’50 e ’60 del secolo XX come l’inedita Spirale del 1952 o come la Spina dorsale bianca e nera o le due piccole Spine dorsali realizzate su carta millimetrata. L’epoca di queste opere si lega agli anni dell’informale a cui seguirà il dialogo dell’autore con l’arte povera attraverso le opere degli anni ’70 dove ricerca la fisicità del quadro con materiali differenti e si vedranno i centrini, la scatola, le cartavetrate o il truciolato con il quale realizza i due Occhi del quadro. Occhi che guardano il mondo ma che non hanno potere d’intervento negli accadimenti dello stesso. Denominatore comune dei vari periodi pittorici il colore nero presente in molte delle opere in mostra e che rispecchia l’interiorità travagliata di Carlo Pace. Con le tessiture degli anni ’80 e riprese anche in anni più recenti, abbiamo il passato ricucito con il presente in un intreccio di fili a volte monocromi, a volte multicolori. Grande attenzione meritano i fonemi, presenti in mostra come pitture che rappresentano un discorso che va al di là del significante e del significato. Un messaggio comune al di là dei mondi che si conoscono, il fonema è infatti un semplice codice cromatico finalizzato alla comunicazione universale che va oltre la diversità linguistica.

Il percorso di Carlo Pace

Studiare le opere del pittore alessandrino Carlo Pace significa compiere un’originale riflessione sulla storia dell’arte nella seconda metà del Novecento. A differenza di altri maestri, Pace non punta sulla ripetitività come richiede il mercato che vuole facilmente riconoscibile un artista. La sua curiosità è troppo grande, seguirà e si confronterà con tanti percorsi che si sviluppano in questo fecondo periodo dell’arte sulla base di una instancabile passione per la sperimentazione. Nonostante ciò, rimane una chiara riconoscibilità pur passando da una rivoluzione all’altra: il segno di Pace è inconfondibile nella sua eleganza, al di là tutti gli impervi e originali percorsi compiuti in mezzo secolo. Ed è qui che si vede lo spessore dell’artista, che non ha bisogno di cadere nella triste ripetitività del mercato per mantenere un’identità ben precisa, non legata a scelte di opportunismo, ma semplicemente derivante dall’unicità del suo valore. Artista controcorrente, Pace ha pagato in vita con l’esclusione dai grandi circuiti espositivi la propria coerenza e refrattarietà alle regole della civiltà dello spettacolo. Il punto di partenza è la grande rivoluzione dell’informale che negli anni Cinquanta investe l’Europa. Carlo Pace non solo è giovanissimo quando abbraccia la novità di un movimento che sta trasformando completamente la scena artistica ma è anche il primo a introdurla ad Alessandria, svolgendo quindi un ruolo di rottura nel contesto locale.

Negli anni Sessanta l’informale entra in crisi e Pace, avvertendo l’impasse di questa esperienza, cerca nuove vie, ponendo l’accento più sulla pittura che sull’elemento materico in sé.

Gli anni Settanta vedono Pace approfondire il dada storico, il neo-dada, la pop art e soprattutto l’arte povera, nello spirito del concettualismo. Le opere più importanti di questo decennio sono sicuramente le spine dorsali, che segneranno fortemente il percorso artistico di Pace, riemergendo ancora dopo molti anni nelle trasformazioni generate da una ricerca destinata a concludersi solo con la sua scomparsa.

Accanto alle spine dorsali, l’altra produzione più importante di Pace sono i fonemi, che caratterizzano la sua attività negli anni Ottanta. Si tratta dell’approdo più significativo di quella attenzione al segno che si è già visto essere uno dei tratti distintivi di tutto il suo percorso artistico.

Pace non abbandona mai del tutto le proprie esperienze ma tende a recuperarle in un ambito diverso. È il caso della carta vetrata, che dal 2006 è riproposta come nuova pelle dello spazio pittorico, capace di riecheggiare con la sua ruvidezza l’amarezza di un disagio.

Per informazioni e prenotazioni: mail, didattica.fondazionecral@gmail.com; tel. 347 8095172.

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