Sessualità prima delle nozze
di Maria Pia e Gianni Mussini
La seconda sera che uscimmo insieme (1972!), a un certo punto saltò fuori un modo di dire popolare sul matrimonio, che conteneva una parola un po’ scivolosa, utilizzabile anche in senso osceno. Cosa che fece appunto Maria Pia con candida inconsapevolezza…
Gianni, che già non aveva dubbi, si confermò nell’idea: “Questa me la sposo!” (Naturalmente il giorno dopo le spiegò, con le opportune cautele, che era meglio non usarla, quell’espressione scivolosa…).
Non bisogna pensare che fosse una bigotta chiusa all’esperienza del mondo. Anzi, avendo girato tutta Italia e frequentato diversi ambienti, era considerata una ragazza aperta e tutt’altro che inibita. Aveva però, agli occhi del suo innamorato, quell’“innocenza” che somiglia molto alla virtù della castità su cui è tornato di recente un documento vaticano introdotto da Papa Francesco.
Inutile dire che, con riflessi condizionati degni dei famosi cani di Pavlov, i nostri media hanno subito semplificato – dunque falsificato – il documento, insistendo sul chiodo fisso del divieto dei “rapporti prematrimoniali”. In realtà, più che di divieti, il documento parla in positivo del matrimonio, sacramento che deve essere rinvigorito attraverso percorsi di formazione più incisivi e anche con un accompagnamento dopo le nozze che duri tutta la vita.
Nel nostro piccolo, una proposta del genere la facciamo sempre nei corsi per fidanzati a cui siamo invitati: farsi seguire da un sacerdote e dagli amici più esperti, evitando la solitudine del “fai da te”, è indispensabile per progredire nella vita matrimoniale.
Ma c’è il terribile problema del sesso prima del matrimonio: si può? Non si può? Se notate, certi commentatori ultramoderni usano le stesse categorie di quei vecchi bigottoni che misuravano la moralità in centimetri di pelle scoperta o nella durata di un bacio.
Il teologo Vito Mancuso si spinge a dire che “rimane grave l’incapacità della chiesa cattolica di comprendere la sessualità” (“La Stampa”, 16 giugno). Ma parla sul serio? Non conosce la modernissima teologia del corpo di Giovanni Paolo II, ripresa dall’Amoris Laetitia di Francesco? Per non parlare del Deus Caritas est di Benedetto XVI, con l’unione inscindibile tra Eros e Agape, corpo e anima.
In questa prospettiva – e nel rispetto della coscienza di ciascuno – la sessualità coniugale è così importante che non vale la pena di sprecarla al di fuori del Sacramento istituito da Cristo. Lo ammette involontariamente, segnando un clamoroso autogol, lo stesso Mancuso in chiusura del suo articolo: “quando esiste un impegno reciproco di due persone che si nutre di affetto, sincerità, stima, desiderio di futuro, è impossibile non considerare quanto l’unione sessuale favorisca la loro conoscenza e intesa reciproca”. Perfetto ma, se sono giunte a questo punto, perché non si sposano?
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