Sguardi da invernetta
Di Carlo Zeme
Alla fine avevano sempre ragione i miei nonni. Loro sono nati quasi un secolo fa e avevano un modo di dire per ogni periodo dell’anno. Il proverbio per questo fine aprile-inizio maggio parla chiaro: “Da San Marco (25 aprile) alla Crusetta (3 maggio) stai coperto che c’è l’invernetta”. Riecheggiano le parole in dialetto mentre il ticchettio della pioggia batte forte sul tetto della mansarda e il riscaldamento è stato riacceso per una nuova andata di freddo, che sembra ancora più rigido avendo appena finito di fare il cambio degli armadi. Ho in braccio Margherita e salutiamo la mamma che si assenterà per un paio d’ore. La pioggia, il vento e un paio di altri agenti atmosferici a noi sfavorevoli vedono uscire di scena la possibilità di un giro per le strade della città. Margherita mi guarda con i suoi occhioni giganti, non sa ancora parlare, ma il suo sguardo è eloquente: “Ok papà, cosa facciamo”? Andiamo in palestra, non quella dove ho speso migliaia di euro in abbonamenti, ma la piccola palestrina dove Margherita si aggrappa con tutta la sua forza alla scimmietta, a un cuore di peluche e a un pulcino gigante che per la mole sembra sua sorella. Ha appena imparato a rotolarsi, lo fa di continuo e ogni volta che succede esplode in un meraviglioso sorrisone e pure questa volta vorrebbe dire: “Avete visto tutti”! Scatta l’applauso di un padre commosso. Poi di nuovo in piedi, in braccio, si canta insieme: le uniche canzoni che mi rendo conto di sapere a memoria sono quelle degli 883. Di dormire però non se ne parla, smaltisco chilometri casalinghi ma gli occhi di Margherita questa volta dicono: “Non riuscirai mai a farmi dormire”! Scrivo alla mamma: “Tutto ok”! In effetti lo è, anche se il braccio comincia a formicolare là dove si poggia la piccola testolina. Poi un lampo, raccontare a voce alta la mia storia a Margherita, come fosse la biografia di un Leopardi qualsiasi al tempo della scuola. Dopo pochi secondi sento russare. Questa volta a parlare è il mio sguardo: “Ti ho fregata…”. Passano due ore e si riapre la porta di casa: è la mamma. Fuori c’è ancora l’invernetta ma nella nostra piccola mansarda è uscito un po’ di sole!
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