Toh, i giovani sono europeisti

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Di Ennio Chiodi

Premesso che per sociologi, statistici, sondaggisti e affini, la categoria dei giovani elettori va dai 18 ai 34 anni, possiamo dire, con fiducioso ottimismo, che i giovani italiani sono di fatto convinti europeisti. Europeisti, innanzitutto, perché europei, anzi, nativi europei: si “vivono” come tali, non conoscono e non possono immaginare il loro Paese, la società in cui crescono, al di fuori di una visione e di una comune prospettiva europea. Lo sono, tuttavia, più nei comportamenti che nei confronti della politica e delle istituzioni, verso le quali manifestano scarsa conoscenza, se non indifferenza. Diversi sondaggi realizzati in vista del voto per l’elezione del Parlamento europeo – il più recente quello di “Noto Sondaggi” per il Sole 24 Ore – dimostrano come i giovani “italo-europei” siano convinti in maggioranza (oltre il 50%) che l’Italia tragga più vantaggi che svantaggi dall’appartenenza all’Unione Europea, soprattutto in termini economici: accesso ai fondi, sostegno alla crescita, libera circolazione di persone e merci, diritti dei consumatori. Apprezzano anche – ed è meno scontato – le politiche di transizione energetica, e la regolamentazione in sicurezza delle nuove tecnologie, ma vorrebbero più coesione e più deciso impegno nelle politiche ambientali, nella difesa dei diritti fondamentali degli individui, con più attenzione al lavoro e al salario minimo, e maggiori sostegni all’auto imprenditorialità. Sono convinti che le decisioni maturate in ambito europeo siano ormai prevalenti sulle legislazioni nazionali, ma lasciano ad altri il potere di scegliere governi e governanti: vanno sempre meno a votare. In un quadro di diffuso astensionismo generale, quello dei giovani tra i 18 e i 34 anni è destinato a crescere ancora di più. Si sentono poco rappresentati e non credono di poter contribuire con il loro voto a progettare, a comporre il futuro del loro Paese. L’età media dell’elettore italiano – considerando tutte le consultazioni, Amministrative e Politiche – è di 54 anni. Potrebbe aiutare l’abbassamento della soglia minima di età per l’elettorato attivo, come avvenuto in Austria, Germania, Belgio, Malta e Grecia, ma in Italia il dibattito è ancora acerbo. Il disinteresse dei giovani per la politica, del resto, è ricambiato dai partiti. A ben vedere i giovani sono sempre meno e il loro voto è in percentuale sempre meno decisivo. Perché occuparsene più di tanto? Tanto vale – di questi tempi– per andare in Europa, puntare su slogan sempre più demagogici che mirano al consenso emotivo e ideologico. I giovani frequentano l’Europa, la loro Europa, per viaggiare, studiare, conoscersi, lavorare insieme in settori e su argomenti che la politica sembra ignorare. Avessero ragione loro?

enniochiodi@gmail.com

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